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    Sono infinite le storie che si potrebbero raccontare per celebrare il 25 aprile e la Liberazione, come tante sono state “le liberazioni”. Il Meridione, in parte salvatosi per l’arrivo degli Alleati, Roma e il Centro della Penisola, che hanno subito una violenza terribile ma che non hanno vissuto l’insurrezione; il Nord, che ha vissuto un altro inverno di guerra e l’epurazione selvaggia dell’estate del 1945. Sono tante le storie che la scrittrice e testimone Lia Levi, assieme agli storici Isabella Insolvibile ed Amedeo Osti Guerrazzi, racconteranno domenica 25 aprile, in un evento webinar organizzato dalla Fondazione Museo della Shoah. “25 aprile. Le Liberazioni” è il titolo dell’evento, che sarà introdotto dal Presidente della Fondazione Mario Venezia, per ricordare i tanti modi e i tanti significati che la parola Liberazione ebbe per gli italiani. Shalom pubblica di seguito in esclusiva un breve saggio di Amedeo Osti Guerrazzi in cui lo storico propone una riflessione sulla ricorrenza.

    Il 26 aprile 1945 era un giovedì. In Piemonte i nazisti sono ormai in rotta e stanno abbandonando la regione. – spiega Amedeo Osti Guerrazzi – La guerra è praticamente finita, ma non per gli uomini della Brigata nera di Cuneo. Rimasti ormai soli, senza un motivo apparente, se non quello del più puro odio, traggono dal carcere alcuni prigionieri, antifascisti ed ebrei, e li fucilano sotto un cavalcavia ferroviario. Questo è stato il 25 aprile dei fascisti, questa è stata la loro risposta all’ansia di libertà del popolo italiano: la morte e la vendetta, vendetta per essere stati sconfitti, rifiutati dalla storia. Questo dobbiamo ricordare, questo dobbiamo raccontare ogni 25 aprile. Quel cavalcavia, quei corpi crivellati di colpi sono il simbolo dell’Europa del Nuovo Ordine nazifascista, il progetto politico razziale di Hitler e dei suoi collaboratori italiani.

    Sono anni che il 25 aprile viene attaccato: la Festa della Liberazione viene accusata di essere “divisiva”, di essere “di parte”. Ma nella storia, e il popolo ebraico lo sa meglio di ogni altro, ci sono le parti giuste e le parti totalmente, assolutamente sbagliate. Il 25 aprile ha significato la Liberazione dall’occupazione nazista e dal regime fascista, un regime che ha tali e tante colpe che non può, non deve essere considerato come degno di essere ricordato se non con un senso di vergogna per noi italiani.

    Ricordiamole, a scanso di equivoci. Il fascismo è andato al potere grazie alla violenza squadrista, che ha devastato il paese aggredendo chiunque non la pensasse come le camicie nere. Ha distrutto un patrimonio, quello delle organizzazioni dei lavoratori, frutto di decenni di lavoro e fatica.

    Giunto al governo, ha ucciso i suoi oppositori più pericolosi (Matteotti, Amendola, Don Minzoni, Gramsci), ha costretto all’esilio decine di migliaia di persone, ha incarcerato o mandato al confino altrettante. Ha impedito la libertà di stampa, di parola, di pensiero. Ha chiuso la cultura italiana nella gabbia di un regime ottuso e liberticida, ha formato la gioventù insegnandole che “Mussolini ha sempre ragione”.

    Nel 1938 ha distrutto secoli di civiltà giuridica emanando le infami leggi contro gli ebrei, una macchia indelebile nella storia italiana.

    Tra il 1922 ed il 1939 ha scatenato guerre di aggressione che ci hanno coperto di infamia, con l’uso delle deportazioni di massa, di gas tossici, di bombardamenti terroristici sulle popolazioni civili. Ha trasformato il nome di italiani in quello di carnefici.

    Nella seconda guerra mondiale si è schierato a fianco di Hitler, nella penosa speranza di lucrare sulle vittorie del nazismo, ed ha occupato e oppresso greci, jugoslavi, russi e francesi. La memoria delle occupazioni italiane, specialmente nei Balcani, non è dissimile da quella dell’occupazione nazista.

    Nell’ultimo periodo, quello della Repubblica sociale, tra il 1943-1945, ha scatenato una sanguinosa guerra civile e ha collaborato, attivamente, allo sterminio degli ebrei italiani. Se avesse vinto, gli ebrei italiani non sarebbero più qui a raccontarne la fine. La Resistenza ha avuto i suoi limiti, ed anche le sue colpe, ma soltanto grazie ad essa che gli italiani possono ancora ricordare quel tragico periodo anche con orgoglio.

    Raccontare le liberazioni è la maniera migliore per festeggiare Il 25 aprile: una festa di parte, la festa di quella parte che ritiene la libertà, la giustizia e la democrazia come valori fondanti e irrinunciabili di ogni popolo civile. Chi si sente offeso, si sente offeso dalla libertà.

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