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    Il presidente della Comunità Dureghello visiterà il Museo della Memoria di Assisi: storie di straordinario salvataggio degli ebrei

    Lo scorso 16 maggio è stato inaugurato ad Assisi – presso il vescovado Santuario
    della Spogliazione – il “Museo della Memoria Assisi 1943-44”. Si tratta di
    un’esposizione – che si snoda lungo 4 sale – che raccoglie le testimonianze di piccole
    e grandi storie di ordinario eroismo, di persone – Giuste fra le Nazioni – che
    si adoperarono per salvare perseguitati, partigiani ed ebrei, dalle
    deportazioni e dallo sterminio nazifascista. Il pubblico può così conoscere le
    storie di tante persone di Assisi che rischiarono la loro vita per difendere
    altri esseri umani, senza pensare alla razza o alla religione, senza riflettere
    sui rischi, guidate solamente dal loro senso di giustizia e pietà.

    Per rendere omaggio alla memoria di questi Giusti, il presidente della
    Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello visiterà il Museo il prossimo 9
    agosto. Impossibilitata a partecipare all’inaugurazione, Dureghello aveva
    mandato un messaggio complimentandosi con l’ideatrice-curatrice del museo,
    Marina Rosati, per la bella iniziativa. Rosati l’aveva invitata a trascorrere e
    quell’invito è stato ora stato raccolto con molto entusiasmo.

    Furono oltre 300 i rifugiati che trovarono ospitalità e nascondigli ad
    Assisi, città che – durante il conflitto mondiale – fu decretata città
    ospedaliera e quindi al riparo dai bombardamenti, permettendo così la salvezza
    di esseri umani e delle straordinarie testimonianze storiche ed artistiche
    uniche al mondo.

    Ad Assisi operarono ben 7 “Giusti tra le Nazioni”, il massimo
    riconoscimento che lo Stato di Israele conferisce a coloro che, a prezzo della
    loro vita, e senza fini di lucro, sia doperarono per salvare ebrei perseguitati.

    I 7 Giusti di Assisi – le cui storie sono raccontate nella Mostra –  sono: Don Aldo Brunacci, parroco, che
    promosse una sorta comitato di accoglienza per gli sfollati; il Vescovo
    Giuseppe Placido Nicolini, che dirigeva l’organizzazione che accoglieva gli
    ebrei al convento di San Francesco, smistandoli poi in altri conventi o in case
    private; il campione sportivo Gino Bartali, che fece la spola tra Assisi e
    Firenze, portando, all’interno della canna della sua bicicletta, i documenti
    falsi destinati a donare agli ebrei una nuova identità; Padre Rufino Niccacci,
    figura di riferimento dal punto di vista prettamente operativo, che provvide a
    nascondere ebrei in diversi conventi; la Madre Superiora del convento di
    Quirico, Madre Giuseppina Biviglia, che anch’essa ospitò molti rifugiati;e poi i
    tipografi, padre e figlio, Luigi e Trento Brizi, che clandestinamente
    stampavano i documenti destinati a donare una nuova identità agli ebrei
    fuggiaschi; il settimo riconoscimento di Giusto fra le Nazioni è stato
    assegnato all’ordine delle suore Stimmatine, in memoria di Suor Ermella Brandi.

    Il Museo racconta poi la storia del dottor Muller, tedesco, uomo di regime,
    che era il comandante delle truppe tedesche in Assisi. Cattolico, medico, ogni
    mattina andava a pregare a San Francesco, benché al corrente di cosa fosse in
    atto per salvare gli ebrei conservò sempre il segreto, e prima di lasciare
    Assisi, durante la ritirata, consegnò nelle mani del Vescovo e dei
    rappresentanti del Comune, ingenti quantitativi di farmaci e materiale
    sanitario a beneficio della popolazione. Addirittura piantonò porta San Pietro
    per scongiurare qualche atto disperato di rappresaglia da parte di qualche
    tedesco in ritirata. Negli anni ’50, il dottor Muller tornò ad Assisi accolto
    da grandissimi festeggiamenti.

    Mille sono le storie e gli aneddoti raccontate in questi piccolo ma
    prezioso Museo: un bimbo nacque in un monastero di clausura, tanto da
    stravolgere la quotidianità delle suore, che se lo passavano, attraverso la
    ruota, per tenerlo in braccio un pochino per uno; una donna ebrea, Clara Weis,
    morì all’interno di un convento, e fu fatta uscire con rito cattolico e sepolta
    col nome di Bianca Bianchi; la falsa identità attribuita alle bimbe della
    famiglia ebrea Viterbi (poi diventata Vanelli ed infine Vitelli). 

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