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    LE RADICI EBRAICHE DI CORTO MALTESE TRA REALTÀ E LEGGENDA

    di Lucia Correale

    Torna tra le vie di un antico quartiere ebraico, dopo aver percorso i vicoli della juderia di Cordova, i campielli del ghetto di Venezia e le strade di mezzo mondo: Corto Maltese, il leggendario marinaio creato da Hugo Pratt, è il protagonista di una mostra inaugurata domenica 14 ottobre al Palazzo della Cultura nel cuore del vecchio ghetto di Roma, in occasione della XIX Giornata europea della cultura ebraica.

    Personaggio di carta, nato nel 1967 dalla fantasia di Pratt, <<Corto Maltese è una vera e propria icona nell’immaginario dei lettori, italiani ed europei>> spiega con grinta il curatore della mostra, Samuele Rocca, docente di architettura in Israele, una vita tra Milano, Roma e Gerusalemme, appassionato lettore e profondo conoscitore di Corto Maltese e del suo genitore.

    <<Attenzione – avverte Rocca – Corto Maltese è un eroe immaginario, ma si è trasformato in un personaggio che vive in oscillazione perpetua tra realtà e leggenda, perché Pratt l’ha disegnato proprio a sua immagine: gli ha trasmesso le proprie caratteristiche e alcune sue vicende personali. All’origine c’è una nonna, ebrea sefardita che viveva nel ghetto di Venezia: la leggenda di famiglia narra che avesse conservato la vecchia chiave arrugginita della casa di Cordova da cui gli avi furono scacciati alla fine del Quattrocento. Insomma, la radice ebraica è vera e, innestata nel personaggio, lo rende “vero”.>>

    Dalla carta d’identità di Corto Maltese si sa che è nato a La Valletta nel 1887, da un ufficiale inglese e una madre ebrea sefardita. Gitana, bellissima, che fece innamorare il pittore Igres. Trasferito da bambino in Andalusia, a Cordova, Corto cresce nella Juderia della città, il vecchio quartiere ebraico, dove ancora oggi si respirano echi e suggestioni del grande filosofo e maestro del pensiero, Maimonide.

    Qui studia alla scuola ebraica sotto la guida del rabbino Ezra Toledano che lo avvia agli studi della Torah e poi la Kabalà. Certamente conosce l’ebraico, e chissà… forse ha anche festeggiato il bar mitzvah, la maggiorità religiosa.

    << Ho scoperto per caso questo lato un po’ sconosciuto di Corto Maltese – spiega Giorgia Calò assessore alla cultura della comunità ebraica romana che ha organizzato la mostra – e mi è sembrato che calzasse perfettamente col tema della giornata europea della cultura ebraica di quest’anno “Storytelling le storie siamo noi”. Quindi mi sono messa in contatto con la fondazione svizzera di Hugo Pratt e cosi è nata la mostra. “All’ombra della menorà. Le origini ebraiche di Corto Maltese” che vuole le mettere l’accento sulla Menorah, un simbolo universalmente noto della nostra cultura e della nostra storia.>>

    Cinquanta tavole, tra fumetti a china in bianco e nero e disegni acquerellati, la mostra racconta un po’ tutti i mondi del pirata gentiluomo, e gli incontri con tanti personaggi, come lui, in bilico tra finzione e storia.

    <<E’ il caso di Vladimir Koinsky, eroico coprotagonista de “Gli scorpioni del deserto”- sottolinea Samuele Rocca – Koinsky, ufficiale ebreo polacco che nel 39 scappa attraverso la Romania e raggiunge la terra d’Israele, che allora si chiamava Palestina ed era sotto mandato Britannico. Da lì arriverà poi in Italia al seguito della Brigata ebraica.>> Ancora oggi non si sa se sia un personaggio totalmente inventato oppure no.

    Stesso destino per gli altri personaggi che condividono le avventure di Corto Maltese: il professore dell’Università di Praga Jeremiah Steiner, l’antiquario e trafficante Levi Colombia, la bellissima Louise Brookszowyc, che ricalca i tratti dell’attrice americana degli anni Venti Louise Brooks.

    Ma c’è altro, oltre il semplice fumetto, che Hugo Pratt amava definire “letteratura disegnata”

    <<Corto reinterpreta il mondo narrativo di Pratt che attinge al panorama letterario del XIX e XX secolo: tante sono le citazioni di classici, da Conrad a Stevenson a London. E non solo: c’è anche il dialogo col grande schermo in bianco e nero degli anni Trenta e Quaranta, per intenderci il genere di Casablanca o Gli ammutinati del Bounty.>>

    Sfilano rabbini, candelabri, scialli di preghiera fino alla <<tavola in assoluto più ebraica della vita di Corto – conclude Rocca – il suo ritratto sullo sfondo delle lettere dell’alfabeto ebraico. Lettere che formano parole, ma diventano anche simboli: di tutte le storie possibili.>>

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