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    STRAGI NAZISTE: MUORE A 98 ANNI SUPERSTITE DELL’ECCIDIO DI SANT’ANNA DI STAZZEMA

    E’ morta all’età di 98 anni
    Andreina Del Bianco Federigi, una delle ultime sopravvissute alla strage nazista
    di Sant’Anna di Stazzema (Lucca) del 12 agosto 1944, in cui furono trucidati
    560 civili. Andreina abitava ancora sulla via di Valdicastello. Era originaria
    di Capriglia ma era sfollata a Sant’Anna durante la seconda guerra mondiale in
    quanto il marito era originario del paese. La famiglia Federigi conta numerose
    vittime della strage e la signora Andreina ha portato vivo il ricordo del 12
    agosto 1944 nel corso della sua vita: si era fortunosamente salvata, poiché al
    momento della strage non si trovava in paese.

    All’alba del 12 agosto 1944,
    tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di
    fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era
    circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti
    collaborazionisti che fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei
    boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che
    nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
    In poco più di mezza giornata vennero uccisi centinaia di civili, di cui solo
    350 poterono essere in seguito identificate; tra le vittime 65 erano bambini
    minori di 10 anni di età.

    I nazifascisti rastrellarono
    i civili, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con
    colpi di mitra, bombe a mano, colpi di rivoltella e altre modalità di stampo
    terroristico. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni (23
    luglio-12 agosto 1944). Gravemente ferita, la rinvenne agonizzante la sorella
    maggiore Cesira (Medaglia d’Oro al Merito Civile) miracolosamente superstite,
    tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell’ospedale di
    Valdicastello. Infine, incendi appiccati a più riprese causarono ulteriori
    danni a cose e persone.

    Non si trattò di rappresaglia
    (ovvero di un crimine compiuto in risposta a una determinata azione del
    nemico): come è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia,
    infatti, si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni
    dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola grazie al
    terrore. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la
    popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni
    partigiane presenti nella zona.

    Andreina aveva raccontato la
    sua storia in un video raccolto dalla nipote Sabina Federigi lo scorso gennaio
    ed era stato consegnato al Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna in cui
    la sopravvissuta ricostruiva la sua storia e la sua salvezza fortunosa. 

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