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    Tensione e solennità si sono mescolati in maniera paradossale nelle cerimonie del 25 aprile per il 79° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. A Porta San Paolo, infatti, luogo emblematico della lotta partigiana a Roma, mentre come consuetudine venivano deposte due corone di fiori in ricordo della Brigata Ebraica e dei partigiani ebrei che caddero per combattere gli occupanti, i gruppi filopalestinesi, separati da un cordone di polizia, hanno contestato la presenza della delegazione ebraica. Una presa di posizione che stride con la realtà storica e che ha contribuito ad alimentare le tensioni.

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    Le celebrazioni del mondo ebraico, guidato dal Rabbino Capo Riccardo Di Segni, dal Presidente della Comunità di Roma Victor Fadlun e dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, hanno seguito il copione degli ultimi anni: un breve corteo, al centro del quale campeggiava lo striscione della Brigata Ebraica con i relativi simboli, è partito dal cimitero di guerra del Commonwealth di via Zabaglia; ha percorso le poche centinaia di metri che conducono a Porta San Paolo per deporre le corone di fiori laddove si trova la lapide che ricorda i caduti della Resistenza e le vittime della barbarie nazista.

    Come previsto, però, a differenza degli altri anni, ad accoglierli di fronte alla Piramide Cestia non vi erano solo i delegati dell’ANPI intenti nei preparativi della successiva manifestazione, ma anche i rappresentanti dei collettivi e di movimenti filopalestinesi, in una piazza di fatto divisa a metà dagli agenti in tenuta antisommossa. Sono partiti così insulti e cori come “Fuori i sionisti dalla storia”, “Intifada fino alla vittoria”, “From the river Palestine will be free”, che nulla hanno a che fare con la liberazione dell’Italia, tanto più che il Gran Muftì di Gerusalemme era alleato della Germania nazista, mentre i componenti della delegazione ebraica sono stati chiamati “assassini”, nonostante la Seconda guerra mondiale porti con sé la tragedia della Shoah con lo sterminio di sei milioni di ebrei. Dall’altra parte si è replicato con cori come “Ora e sempre l’ebreo è presente”, evocativo anche della partecipazione ebraica alla lotta al nazifascismo. In questo clima carico di tensione, che comunque non è degenerato, si è svolta la consueta cerimonia.
    Per le istituzioni presenti i senatori Lucio Malan, Ester Mieli, Marco Scurria e Domenica Spinelli.
    “Quello che abbiamo visto questa mattina rappresenta un culmine intollerabile di una storia che è cresciuta in questi ultimi anni – ha evidenziato Rav Di Segni –. È inconcepibile che noi che siamo i discendenti e gli eredi da una parte di coloro che sono stati perseguitati e dall’altra di coloro che hanno contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo, e che in qualità di testimoni di questa Storia la vorremmo condividere con il resto della popolazione che ha combattuto il nazifascismo, ci troviamo costretti a essere difesi da un cordone di polizia di fronte a delle persone che stanno sovvertendo la Storia, che si appropriano di ciò che non è loro e che confondono i termini del discorso in maniera falsa e criminale”.

    “In questo 25 aprile vi è il dispiacere di manifestare circondati da cinquecento poliziotti antisommossa. Non possiamo portare con serenità il nostro contributo con la bandiera di chi continuò a liberare l’Europa dal nazismo e l’Italia dal fascismo. Vedere oggi questo ribaltamento della Storia è molto doloroso” ha sottolineato il Presidente CER Victor Fadlun.

    Il ricordo della Liberazione della delegazione ebraica si è poi spostato a via Tasso, dove si trova il Museo Storico della Liberazione. Durante i mesi dell’occupazione nazifascista di Roma (10 settembre 1943 – 4 giugno 1944) l’edificio di via Tasso fu sede del Comando del Servizio di Sicurezza delle SS, sotto la guida del colonnello Herbert Kappler. È un museo particolare, in quanto è esso stesso documento storico, dal momento che al suo interno avvennero alcuni degli episodi più tragici della Resistenza romana. Per questo è carico di profondi significati. Ai piedi dell’edificio il sindaco Roberto Gualtieri e il Presidente CER Victor Fadlun hanno deposto una corona di fiori.

    “La brigata ebraica ha avuto un ruolo importantissimo – ha dichiarato Gulatieri a Shalom – Anzitutto ha partecipato alla Resistenza. Inoltre, il crimine più grave del nazifascismo è stato proprio lo sterminio degli ebrei, quindi gli ebrei italiani al tempo stesso sono vittime e hanno voluto partecipare al movimento di liberazione, quindi il loro posto è qui, nel ricordo dell’antifascismo, della Liberazione e nel contributo dato al movimento di Resistenza”.
    In un clima molto più disteso si è svolta la visita delle istituzioni al museo. All’esterno, mentre si formava la fila di scolaresche e cittadini pronti a scoprire la storia del periodo più tragico del nostro Paese, sventolava una bandiera della Brigata Ebraica, ricordando ancora una volta il ruolo avuto da queste armate inquadrate nell’esercito britannico nelle dinamiche militari e sociali della liberazione d’Italia.

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