
Israele ha portato a termine – e sta tuttora conducendo – importanti rivoluzioni tecnologiche nel settore della difesa, in particolare nell’impiego avanzato dei droni e nell’integrazione della robotica nella produzione degli intercettori. Lo ha rivelato martedì il Ministero della Difesa israeliano, facendo luce su operazioni e innovazioni finora rimaste in gran parte riservate.
Uno dei dati più sorprendenti riguarda l’impiego massiccio di droni israeliani nello spazio aereo iraniano: secondo il ministero, l’IDF ha registrato migliaia di ore di volo sopra l’Iran, che dista tra i 1.500 e i 2.000 chilometri da Israele. Un risultato che, fino a poco tempo fa, era ritenuto irrealizzabile dal punto di vista strategico. Durante il conflitto con l’Iran, il numero di ore di volo dei droni è stato sei volte superiore rispetto a un intero anno in tempo di pace. Se Israele possiede da tempo la capacità di monitorare i cieli di Gaza o del Libano – aree vicine ai suoi confini – operare in profondità nel territorio iraniano ha richiesto un cambiamento radicale.
Molti droni, come i modelli Kochav e Shoval, hanno un’autonomia limitata a circa 1.000 chilometri, insufficiente per missioni di andata e ritorno dall’Iran. Il ministero ha lasciato intendere che siano stati adottati metodi alternativi: dal rifornimento in volo al lancio da unità navali – statunitensi o israeliane – presenti nella regione. Nel complesso, circa 500 attacchi aerei in Iran sono stati compiuti da droni, rappresentando il 50% delle operazioni offensive aeree condotte.
Parallelamente, Israele ha dovuto affrontare una delle sfide più critiche del conflitto: la disponibilità di intercettori per i sistemi Arrow 2 e Arrow 3, fondamentali per respingere i missili balistici lanciati da Iran, Houthi e altri attori regionali. Sebbene il numero di missili sia stato elevato, il ministero ha assicurato che Israele non ha mai raggiunto la “linea rossa” in termini di carenza di intercettori. Tuttavia, il rischio ha accelerato l’introduzione di robot e sistemi automatizzati nella catena produttiva, con l’obiettivo di ridurre i costi unitari e aumentare la capacità futura.
Secondo i dati ufficiali, l’IDF ha intercettato il 99% dei circa 1.000 droni iraniani lanciati contro Israele. Solo due droni hanno colpito i loro obiettivi, senza causare vittime. Il sistema di difesa ha evitato danni stimati tra i 50 e i 70 miliardi di shekel, mentre i danni effettivi si sono limitati a circa 10 miliardi. Israele ha inoltre potuto rafforzare le proprie capacità grazie alla cooperazione con Stati Uniti, Germania e altri Paesi alleati, avviando una nuova corsa tecnologica con l’Iran.
Un ulteriore elemento messo in evidenza è il ruolo dell’ecosistema di start-up israeliane, molte delle quali – specializzate in soluzioni tecnologiche di nicchia – sono state integrate direttamente nei sistemi di difesa durante il conflitto.