
Alberto Bolaffi non c’è più ma il suo ricordo rimarrà indelebile tra i banchi della Sinagoga di Casale Monferrato. A Kippur arrivava silenzioso, si sedeva nelle ultime file, indossava il suo bel talled, gli amici lo accoglievano con profondo affetto, anno dopo anno, in quella che considerava la sua comunità di adozione, il presidente gli porgeva la chiave dell’Aron, Alberto percorreva con andatura solenne il corridoio, salutava ognuno dei presenti con il suo sorriso sobrio ed elegante, con il suo sguardo vivace ed empatico. A Sefer ricordava le generazioni che lo avevano preceduto, senza dimenticare Elio Carmi, Giorgio Ottolenghi, gli artisti del piccolo cenacolo ebraico monferrino con cui aveva un sodalizio speciale e irripetibile.

La famiglia Bolaffi è una famiglia torinese di solide tradizioni ebraiche, riferimento indiscusso della filatelia italiana. Angelo, nato nel 1841, era impresario e attore teatrale livornese, figlio di Jonathan, commerciante di piume esotiche e di gioielli a Gibilterra. Alberto, il figlio di Angelo era nato nel 1874, cittadino britannico come il padre, visse a Torino in casa delle zie materne Rosina e Ester Tilche. La filatelia era agli albori e il giovane Alberto ebbe un’intuizione: abbandonare il commercio di biciclette e puntare sui francobolli; nel 1893 aprì il primo negozio a Torino in via Cavour.

Da quell’intuizione sarebbe nata un’azienda destinata a fare storia, una storia che porta ancora il suo nome. Il figlio di Alberto, Giulio, è stato uno dei filatelisti più importanti di sempre, celebrato con un francobollo italiano, ha affiancato all’attività commerciale quella editoriale, ha sviluppato innovativi criteri di catalogazione e quotazione dei francobolli e intuito il valore dei documenti postali come testimonianza scritta delle grandi imprese dell’umanità.

Alberto era nato nel 1936, con la sorella Stella, ha avuto una infanzia travagliata: alla morte per malattia della mamma, è stato accudito dalla brava governante Gabriella Foà. Nel 1961 ha intrapreso l’attività del padre, l’ha rivoluzionata ingrandita e diversificata. Il giovane e visionario Bolaffi ha curato in prima persona i cataloghi, promosso l’informazione filatelica, si è confrontato con i mercati esteri, divenendo ambasciatore di una cultura che non è solo commercio, ma racconto, archivio, valore. Sotto la sua direzione la Bolaffi ha accresciuto il settore numismatico e quello delle medaglie e delle onorificenze storiche, ha pubblicato volumi di studio e approfondimento, rafforzato il legame con le istituzioni culturali, i musei e le fondazioni. Alberto Bolaffi è stato nominato Cavaliere del Lavoro e Ufficiale al Merito della Repubblica, tra i molti sono riconoscimenti internazionali il Roll of Distinguished Philatelists, il Nobel della filatelia.
Personaggio multiforme e genialissimo, appassionato di cavalli, Alberto ha inventato la filografia, l’amore per la scrittura, ha dato vita a collezioni “filografiche” di sciarpe, cravatte e profumi. La sua collezione comprende 214 cosmogrammi, buste e francobolli spaziali affidati per l’annullo agli astronauti dell’Apollo 11, che nel 1969 ha portato l’uomo sulla Luna. Comprò a un’asta russa una tuta spaziale: uno dei rarissimi esemplari indossati al di fuori dalla stazione spaziale nello spazio. Era appartenuta a Jean-Loup Chrétien primo astronauta dell’Europa Occidentale ad andare nello spazio che compì la missione proprio con i russi.
“Siamo tutti un po’ collezionisti, è nel nostro Dna”, aveva dichiarato Alberto Bolaffi in una delle sue ultime interviste raccontando l’essenza della sua arte. Un gesto, ma soprattutto un rituale, che racchiude in sé passato, presente e futuro dell’umanità.