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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Parashà di Reè: Il Bet Ha-Mikdàsh a Shilò?

    Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) scrive che un motivo ricorrente nella Torà è quello di sradicare il culto idolatrico. In questa parashà l’ordine di sradicare l’idolatria viene dato con queste parole: “Voi distruggerete tutti quei luoghi dei quali verrete in possesso, che i pagani destinarono al culto dei loro dei, sugli alti  monti, sulle colline e sotto gli alberi frondosi. Abbatterete i loro altari, spezzerete le loro stele, e le loro asheròt (alberi dedicati al culto di Astarte) darete alle fiamme, le immagini dei loro dei, farete a pezzi e farete sparire il loro nome da quel luogo. (Devarìm, 12:2-3).

    Rashì  (Troyes, 1040-1105) commenta che nei quattordici anni di conquista e di spartizione della terra d’Israele tra le dodici tribù fu permesso offrire sacrifici su altari privati.  Questa pratica venne proibita quando il primo santuario fu collocato a Shilò. Nel versetto è scritto appunto che gli altari privati sarebbero stati proibiti una volti arrivati alla menuchà (riposo) e alla nachalà (possesso). Rashì spiega che la parola menuchà indica il  santuario di Shilò e la parola menuchà indica il Bet ha-Mikdàsh di Gerusalemme (ibid., 12:9).

    Aharon Benzion Shurin (Lituania, 1913-2012, Brooklyn) in Kèshet Aharon (p. 365) cita il libro dei Re (I Melakhìm, 6:1) dove è scritto che re Shelomò costruì il Bet Ha-Mikdàsh 480 anni dall’uscita dall’Egitto. Egli  aggiunge che dopo il passaggio del Giordano e l’entrata in Eretz Israel, il mishkàn (tabernacolo) che servì da centro spirituale nel deserto per 40 anni, fu collocato per quattordici anni a Ghilgal. Dopo la spartizione della terra tra le tribù il mishkàn ebbe la sua sede nelle città di Shilò nel territorio della tribù di Efraim dove stette per 369 anni. Durante  questi anni Shilò fu il luogo nel quale gli israeliti venivano a festeggiare le ricorrenze di Pèsach, Shavu’ot e Sukkòt.

    Il santuario di Shilò fu distrutto durante la guerra con i filistei. L’arca del patto con le tavole della legge fu trasferita a Nov e poi a Giv’on dove stette per 57 anni fino al trasferimento finale a Gerusalemme  (40+14+369+57=480).

    Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 106) scrive che il santuario di Shilò dal punto di vista halakhico aveva un’importanza di poco inferiore a quella del primo e del secondo Bet Ha-Mikdàsh. Egli cita una delle elegie (n. 14, secondo l’uso ashkenazita) di r. El’azar ha-Kalir (Eretz Israel, c. 570-c.640) che vengono recitate a Tishà Be-Av, nella quale l’autore scrive che l’Eterno favoriva Shilò “come la challà separata dalla pasta” e questo santuario fu distrutto per via dei peccati dei figli di Elì, il Kohen Gadol.

    R. Soloveitchik commenta che apparentemente il Santuario di Shilò avrebbe potuto diventare permanente, la redenzione sarebbe stata completa e non vi sarebbe stato nessun esilio. La distruzione di Shilò fu una delle grandi sciagure che ebbero luogo in Eretz Israel. L’evento fu così grave che perfino durante il Secondo Bet Ha-Mikdàsh si ricordava il peccato che condusse alla sua distruzione.  L’impressione che si trae dal Midràsh è che se non fosse stato per i peccati dei figli di Eli, Shilò sarebbe stata la sede del Bet Ha-Mikdàsh al posto di Gerusalemme!

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