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    ROMA EBRAICA

    Si conclude con successo la Summer School della Fondazione Museo della Shoah

    La prima Summer School della Fondazione Museo della Shoah è giunta alla sua conclusione. Un percorso intenso di tre giornate, organizzato in collaborazione con Sapienza Università di Roma e con la Comunità Ebraica di Roma, che ha toccato i principali nodi storici e didattici con prospettive diverse e approcci innovativi. Un percorso fortemente voluto dal presidente della Fondazione Mario Venezia, il quale si è mostrato soddisfatto sia della grande partecipazione sia del rapporto che si è creato con gli iscritti.
    “Questa è una delle motivazioni per cui è sorta la Fondazione. I risultati ci sono: la squadra è allenata, i collaboratori sono molto attenti, preparati e professionali e i partecipanti sono soddisfatti. Si respira un clima di amicizia e di serenità, pur affrontando un tema così difficile. Abbiamo ricevuto già delle richieste per l’anno prossimo”.
    “Tre giorni interessanti, sia per la grande preparazione dei relatori, sia per l’aspetto metodologico, riguardante la trasmissione in classe di tutta questa ricerca – racconta Valentina Raimondi, una delle docenti – Noi abbiamo il preciso dovere di tramandare, dobbiamo essere i nuovi testimoni”.
    “Mi porto a casa un bagaglio culturale arricchito. Ho avuto la possibilità di assistere a conferenze con relatori provenienti da tutta Italia e di conoscere aspetti meno noti, come il funzionamento amministrativo dietro alle deportazioni. È stato tutto sicuramente molto arricchente”, afferma Lorenzo, studente.
    Dall’analisi delle radici dell’antisemitismo e delle leggi razziali in Italia, fino allo studio delle politiche eugenetiche, dei campi di sterminio e delle persecuzioni in Europa, il programma si è svolto attraverso lezioni frontali, laboratori, attività di gruppo e visite sul territorio. La Summer School è stata guidata da relatori di grande prestigio, tra cui storici, docenti universitari ed esperti provenienti da istituzioni come Sapienza Università di Roma, Università di Firenze, Università di Padova, Università Cattolica di Milano, Università di Udine, Università di Trento, Fondazione CDEC, Yad Vashem, Fritz Bauer Institute di Francoforte e Fondazione Museo della Shoah.
    Una formazione di alto livello che ha coinvolto persone di tutte le età, tra docenti, studenti e ricercatori, come auspicato dalla Fondazione, il cui obiettivo non è solo il cosiddetto “passaggio del testimone”.
    “Non vediamo di buon occhio questo termine. Il passaggio significa liberarsi dalle responsabilità e trasferirle a qualcun altro – spiega Venezia – Questo non è nelle nostre corde: pensiamo che il testimone non vada passato, ma vissuto insieme”.
    Fondamentale, però, è il coinvolgimento dei giovani.
    “È la linea di fondo. I giovani non devono essere spettatori passivi. È necessario coinvolgerli in qualsiasi modo nella produzione e programmazione delle attività. Se danno il proprio contributo, aumenta significativamente il loro interesse e quindi il buon risultato. Se, invece, rimangono passivi fruitori del messaggio, il rischio di dispersione è altissimo”.
    Al riguardo si è espressa nel corso dei lavori dell’ultima giornata anche la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni.
    “Rivolgo un appello a studentesse e studenti: siate custodi della Memoria, siete voi a poter trasformare studio e impegno civile affinché ciò che è accaduto non accada più a nessuno”.
    Sempre durante i lavori Carola Funaro, vicepresidente della Comunità romana e assessore alla Memoria, ha sollevato il tema dell’importanza di mantenere viva la Memoria, senza distorsioni o associazioni.
    “Oggi lavoriamo su documenti, archivi e strumenti: è la via più solida per unire rigore storico e didattica. Negli ultimi due anni l’odio antiebraico ha mostrato di saper cambiare parole e sembianze, ma è rimasto tale e quale; per questo scuola e università devono restare luoghi di parola responsabile, di studio e di libertà. Quando si distorce la Memoria, si riduce la Shoah. La Shoah è un unicum: non si relativizza, non si equipara, non si usa, non è misura di paragoni o strumento di propaganda. Si studia, si insegna, si testimonia”.

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