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    ISRAELE

    “Il bambino che ho salvato è diventato uno shahid”: la rivelazione straziante di Idan Raichel

    Un racconto che gela il sangue, un paradosso che rivela tutta la crudeltà della realtà che si vive in Israele, combattendo un nemico avido e atroce: aiutare a salvare una vita, per poi scoprire che quella stessa vita è stata sacrificata sull’altare dell’odio. Il celebre musicista israeliano Idan Raichel ha condiviso in lacrime un ricordo personale che si è trasformato in un incubo.

    Durante un’intervista con Dany Kushmaro a N12, Raichel ha raccontato di aver ricevuto da un soldato israeliano una fotografia trovata in una casa di Khan Younis, accanto al poster di un “shahid” (martire) di Hamas. Nella foto, datata 2008, si vede Raichel ancora con le treccine, in piedi accanto a un padre palestinese vicino al letto del figlio neonato. In quel periodo il cantautore collaborava con l’organizzazione umanitaria Save a Child’s Heart, che portava bambini da tutto il mondo in Israele per interventi salvavita di cardiochirurgia.

    “Ho ricevuto una foto da Khan Younis, da un soldato che l’ha trovata su un comodino”, ha raccontato. “Nella foto io ho ancora le treccine e sono accanto a un padre, vicino al letto del neonato. In quegli anni facevo parte dell’organizzazione Save a Child’s Heart… a un certo punto hanno iniziato a portare anche molti bambini palestinesi”.

    Il ritorno al presente è stato devastante. “Il soldato mi dice: ‘Ascolta, questo padre è un membro di Hamas e quel bambino è diventato uno shahid. Abbiamo il suo poster e la tua foto accanto’”, ha detto Raichel. Sullo schermo dell’intervista è apparsa l’immagine di quel bambino salvato grazie a Israele, oggi ritratto con la fascia verde di Hamas, celebrato come “martire”.

    “È agghiacciante. Terribile”, ha proseguito con voce rotta. “Alla fine ho aiutato questa famiglia e quello che ne è venuto fuori è terrorismo e omicidio. È terribile, terribile”. Poi, guardando in camera con gli occhi pieni di lacrime, ha aggiunto: “Fino ad oggi non è stato trovato un “Giusto tra le Nazioni” a Gaza”.

    La sua testimonianza ha scosso l’opinione pubblica in Israele. Non si tratta solo di un racconto personale, ma di un simbolo della tragica distorsione che l’odio di Hamas impone anche a chi un tempo ha ricevuto cure, accoglienza e compassione da parte dello Stato e del popolo ebraico.

    Mentre a Gaza i terroristi trasformano i propri figli in strumenti di morte, in Israele si difendono e salvano vite. Tornano allora alla mente le parole di Golda Meir, che sembrano scritte proprio per storie come questa: “Avremo la pace con gli arabi soltanto quando ameranno i loro figli più di quanto odiano noi”.

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