
La festa di Simchat Torah è una delle celebrazioni più gioiose dell’anno ebraico. Si svolge al termine della festività di Sukkot e il suo nome significa letteralmente “Gioia della Torah”. In questa occasione si celebra il completamento del ciclo annuale di lettura della Torah e, allo stesso tempo, l’inizio di un nuovo ciclo. A Roma, la festa è da secoli vissuta con grande solennità. Gli ebrei romani hanno infatti contribuito, nel corso del tempo, ad arricchire le celebrazioni con doni preziosi e con la decorazione dei rotoli della Torah, addobbati per l’occasione con i migliori ornamenti.
Nel XVII e XVIII secolo, in una città come Roma, dove lo sfarzo e la magnificenza erano apprezzati da tutti, anche la comunità ebraica curava con particolare attenzione la bellezza delle proprie sinagoghe. Tra le famiglie che si distinsero per generosità spicca quella dei Baraffael, oggi scomparsa, che per circa cinquant’anni nel Settecento contribuì ad abbellire la propria sinagoga con tessuti, argenti e oggetti rituali di straordinaria fattura. Molti di questi preziosi manufatti sono ancora oggi conservati nel Museo Ebraico di Roma.
Durante la festa di Simchat Torah, nel Tempio Spagnolo, è tradizione che il rotolo della Torah del Chatan Torah venga ornato con la splendida corona e i raffinati rimonim (puntali) donati dalla famiglia Baraffael. Dopo l’apertura dell’Haron Ha-Kodesh, il rotolo viene portato in processione sulla Tevà, suscitando emozione tra i fedeli, che lo chiamano affettuosamente “il Sefer dei Tre Galletti”.
Ma qual è la storia di questo nome?
Nel 1717-1718 Perla, moglie di Iakov Baraffael, donò alla Sinagoga Nuova una splendida corona d’argento sbalzato, cesellato e bulinato, realizzata da un anonimo argentiere romano.
La corona è decorata con medaglioni che raffigurano il gallo araldico della famiglia Baraffael in argento dorato — elementi che, deterioratisi col tempo, furono sostituiti nel XIX secolo con versioni in stile neoclassico.
Nel medaglione centrale, il gallo tiene nel becco un ramoscello d’ulivo, simbolo di pace, e poggia su un monte a tre cime, tipico dell’araldica italiana. Attorno, due rami d’ulivo d’argento si intrecciano in un fiocco che circonda con eleganza l’intera struttura. Alla base della corona, in eleganti cornici, si trovano iscrizioni dedicatorie in ebraico. La traduzione italiana recita:
“Santità al Signore per la Scuola Nuova. Offerta dall’anziana e virtuosa Signora Perla, moglie del Signor Iakov Baraffael, questa corona del rotolo della Bibbia in onore e gloria dell’immanenza divina e in memoria delle sue figlie Sara e Ricca, di venerata memoria, e per il matrimonio di suo figlio Izchia Aron nell’anno 5478 (1717-1718)”.
Dopo la morte di Iakov, nel 1727 suo figlio Joseph Khai (il cui nome in ebraico significa “vita”) si sposò, e per celebrare le nozze la famiglia Baraffael commissionò due straordinari rimonim per completare l’ornamento del Sefer Torah.
Le opere furono realizzate da Lorenzo Merlini, argentiere, scultore e architetto toscano, attivo tra Firenze e Roma e noto per aver lavorato per i Granduchi di Toscana, il Re del Portogallo e diversi principi e cardinali romani. A lui si deve anche il sepolcro di Cristina di Svezia.
Forgiare i rimonim, termine ebraico che significa “melograni”, fu un’impresa di grande maestria. Oltre alla forma simbolica del frutto, essi dovevano essere provvisti di piccoli campanellini, il cui tintinnio avrebbe accompagnato con dolcezza la processione del Sefer Torah. Merlini, ispirandosi alla forma di una mazza papale, creò due capolavori di arte barocca ebraica. Alla sommità collocò un melograno d’argento dorato, dal quale si dipartono tre nastri cesellati a volute. Su ciascuno di essi si posa un gallo d’argento dorato, simbolo della famiglia Baraffael, che con una zampa sostiene un piccolo melograno pendente, finemente lavorato fino a mostrare i chicchi all’interno.
Sul corpo centrale dei rimonim si aprono tre finestrelle trapezoidali, da cui pendono campanellini mobili. Anche qui, piccoli melograni e volute decorano ogni dettaglio, unendo l’eleganza del barocco romano alla simbologia ebraica.
L’asta di ciascun rimon reca un’iscrizione a spirale in ebraico, ancora oggi perfettamente leggibile: “Donati e dedicati al Signore dai distinti fratelli Izchia Aron e Izhach Berechia, che Dio li conservi, Amen, in memoria dell’anziano, eccelso e distinto Signor Iakov Baraffael, loro padre, che la sua anima sia legata al legame della vita, e in onore dell’onorata Signora Perla, loro madre, benedetta tra le donne, e di tutta la loro famiglia. Portati alla Sinagoga dei Tementi del Signore nel giorno del matrimonio e della gioia del cuore del giovane e distinto Signor Iosef Khai, nel Santo Shabbat 4 di Sivan 5487 (24 maggio 1727)”.
Un’eredità di splendore e devozione
Ancora oggi dopo 300 anni i fedeli del Tempio Spagnolo di Roma mostrano nel giorno di Simchat Torah con orgoglio il Sefer Baraffael, nominato dei Tre Galletti, che rappresenta una testimonianza preziosa della fede, della generosità e dell’arte che hanno unito la famiglia Baraffael alla storia della comunità ebraica romana.