
Elizabeth Tsurkov, la ricercatrice israelo-russa liberata a settembre dopo oltre due anni e mezzo di prigionia in Iraq, ha raccontato per la prima volta nel dettaglio le torture subite durante la detenzione da parte della milizia sciita filo-iraniana Kataib Hezbollah. Nell’intervista pubblicata dal New York Times, Tsurkov ha descritto un periodo segnato da violenze fisiche, elettroshock, abusi sessuali e condizioni di isolamento estremo. Rapita il 21 marzo 2023 a Baghdad, dove si trovava per ricerche accademiche come dottoranda a Princeton, la ricercatrice è stata attirata con un pretesto in un incontro organizzato via WhatsApp.
Tsurkov è stata caricata con la forza su un’auto da più uomini, picchiata e aggredita sessualmente. “Hanno iniziato a torcermi il mignolo, quasi spezzandolo. Ho capito che resistere sarebbe stato inutile”, ha affermato. All’inizio della prigionia è stata trattenuta in una stanza senza finestre in una casa privata e ripetutamente picchiata dai sequestratori. “Mi usavano come un sacco da boxe”, ha raccontato al quotidiano statunitense. Quando i rapitori hanno scoperto sul suo telefono prove della sua cittadinanza israeliana, l’hanno accusata di spionaggio, ignorando i suoi tentativi di dimostrare il suo attivismo pubblico a favore dei palestinesi. Nel luglio 2023 ha perso un dente per i colpi subiti mentre veniva pressata sul suo passato di leva nell’IDF, dove aveva prestato servizio oltre vent’anni fa nel reparto di intelligence militare. Uno dei suoi carcerieri, soprannominato “il colonnello”, si sarebbe distinto per molestie e minacce di stupro. Davanti al peggiorare delle condizioni, Tsurkov ha iniziato a fornire false confessioni, inventando storie credibili per evitare altri maltrattamenti. In un’apparizione sulla TV irachena nel novembre 2023 è stata costretta a dichiarare di essere una spia, cercando però di inserire messaggi in codice per comunicare che era sotto tortura. Da agosto 2023 è stata trasferita in una struttura ritenuta una base di Kataib Hezbollah vicino al confine iraniano. Lì non è più stata torturata e ha ricevuto cibo vario, cure mediche e libri. Rimasta comunque in isolamento per due anni, non ha mai potuto vedere la luce del sole. Nel tempo ha potuto progettare la sua tesi e scrivere idee per futuri articoli, tentando di mantenere attiva la mente nonostante il dolore fisico persistente.
Il 9 settembre 2025 la ricercatrice è stata finalmente consegnata alle autorità irachene. Visitata da un’équipe medica femminile, ha avuto il primo contatto con altre donne dal giorno del sequestro. Tsurkov ha espresso gratitudine verso l’amministrazione Trump, che secondo lei ha svolto un ruolo decisivo nel negoziato per la liberazione. “Credo sinceramente che sarei morta se gli Stati Uniti non avessero mantenuto un impegno così costante” ha sottolineato.
Fonti citate dalla stampa israeliana sostengono che Israele abbia avuto un ruolo molto limitato nel processo che ha portato alla sua liberazione e che, senza le pressioni degli Stati Uniti, la ricercatrice sarebbe potuta restare in ostaggio ancora per molti anni.
Oggi Tsurkov si trova in Israele e sta seguendo un percorso riabilitativo per curare le conseguenze delle torture subite. Il suo caso riporta l’attenzione sulle pratiche dei gruppi armati filo-iraniani in Iraq e sui rischi per studiosi e operatori internazionali che lavorano nella regione.













