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    ISRAELE

    Israele, consegnato il corpo di Rinthalak. Sforzo per il recupero dell’ultimo ostaggio caduto

    Dopo un complesso processo di identificazione presso il Centro Nazionale di Medicina Legale, Israele ha confermato che la salma restituita ieri dalla Striscia di Gaza è quella di Sudthisak Rinthalak, cittadino thailandese assassinato il 7 ottobre e il cui corpo era stato rapito da terroristi del Jihad Islamico. L’annuncio, diffuso dall’Ufficio del Primo Ministro, chiude un capitolo doloroso per la famiglia Rinthalak, e per il popolo thailandese, che hanno espresso profonda gratitudine per gli sforzi incessanti di Israele nel riportarlo a casa.
    La sua salma è stata consegnata alle forze israeliane nella serata di mercoledì dalla Croce Rossa, dopo che fonti palestinesi avevano segnalato il ritrovamento di resti umani nell’area di Beit Lahia. Ora, con la conferma ufficiale, sarà rimpatriato in Thailandia per una sepoltura dignitosa, in coordinamento con l’ambasciata thailandese a Tel Aviv.
    Rinthalak, 42 anni, lavorava in agricoltura ed è stato rapito dai frutteti del kibbutz Be’eri durante il massacro del 7 ottobre. Le autorità israeliane avevano già stabilito il suo decesso nel maggio 2024. Lascia genitori e un fratello: una famiglia che, da quel giorno, vive sospesa tra dolore e attesa.
    Il Coordinatore per gli ostaggi e i dispersi, il generale (ris.) Gal Hirsch, ha informato personalmente la famiglia, ribadendo il sostegno dello Stato d’Israele e l’impegno per garantire il ritorno di ogni ostaggio, vivo o caduto.
    Con il rientro di Sudthisak Rinthalak, l’unico ostaggio caduto ancora trattenuto a Gaza è il sergente maggiore Ran Gvili, combattente della YASAM e considerato un eroe nazionale.
    Gvili, che il 7 ottobre uccise 14 terroristi e salvò numerosi civili durante i combattimenti nel kibbutz Alumim, era ricoverato in ospedale in attesa di un intervento chirurgico. Sentito il suono degli spari e le notizie dell’attacco in corso, scelse di lasciare il letto d’ospedale e unirsi immediatamente alla difesa dei civili.
    Alle 10:50 del mattino inviò un messaggio ai compagni dicendo di essere stato colpito a una gamba. Da quel momento, le sue tracce si sono perse. Solo nel gennaio 2024, dopo un’analisi approfondita delle informazioni operative, Israele ha confermato che Gvili è caduto combattendo ed è stato rapito morto nella Striscia.
    Gvili rappresenta per molti israeliani l’immagine più pura del coraggio del 7 ottobre: un uomo che è corso verso il fuoco mentre altri fuggivano dall’orrore.
    L’Ufficio del Primo Ministro è stato chiaro: Hamas è tenuto a rispettare gli impegni presi con i mediatori e a restituire il corpo di Ran Gvili senza ulteriori ritardi. “Non ci sarà alcuna concessione”, ha dichiarato l’ufficio. “Lo riporteremo a casa. Israele non risparmierà alcuno sforzo”.
    Anche il portavoce dell’IDF ha ribadito che le forze armate israeliane continuano a operare con determinazione per l’attuazione dell’accordo e per garantire una sepoltura degna a ogni ostaggio caduto che si trovi ancora nella Striscia.
    La vicenda del corpo di Rinthalak e di quello di Ran Gvili, è una prova della determinazione israeliana nel non abbandonare nessuno, vivi o caduti, e un test dell’affidabilità – finora inesistente – dell’organizzazione terrorista che controlla la Striscia.
    Per Israele, il rimpatrio dei corpi è parte integrante dell’etica militare e dell’identità nazionale. Hamas, invece, continua a usare anche i cadaveri come strumento di negoziazione, una tattica che contrasta apertamente con ogni norma di diritto umanitario.
    La storia di Rinthalak, un lavoratore straniero venuto per guadagnarsi da vivere nei campi della periferia israeliana, e quella di Gvili, un poliziotto d’élite che ha scelto di correre verso il pericolo, si incontrano in un punto: la determinazione dello Stato di Israele a riportare a casa tutti, senza eccezioni.
    Finché Ran Gvili non tornerà, l’impegno resta incompleto. E Israele non intende fermarsi.

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