
Yasser Abu Shabab, capo dei cosiddetti “Forze Popolari” nell’area orientale di Rafah e figura centrale dell’opposizione locale a Hamas, è stato ucciso nelle ultime ore. Le prime ipotesi parlavano di un assassinio per mano di Hamas come vendetta per la sua collaborazione con Israele, ma secondo gli aggiornamenti finali la morte sarebbe avvenuta per mano di uomini della sua stessa milizia, all’interno di un regolamento di conti.
Abu Shabab era considerato una delle figure più ricercate nella Striscia: un leader armato che negli ultimi mesi aveva guidato un gruppo locale impegnato a indebolire Hamas e a consegnare informazioni e risultati operativi a Israele nella caccia ai terroristi. Per questo, nel discorso pubblico legato a Hamas, era stato etichettato come “simbolo del tradimento” e definito “mercenario” insieme ai suoi uomini, spesso provenienti da famiglie rivali o con legami con l’Autorità Palestinese.
Negli ultimi giorni la milizia di Abu Shabab aveva fornito a un’emittente israeliana materiali esclusivi sulle condizioni dei terroristi catturati a Rafah: immagini che mostravano membri di Hamas e della Jihad Islamica sfiniti, affamati e senza supporto da parte delle loro organizzazioni. In uno dei video, un militante arrestato dichiarava apertamente che i suoi comandanti lo avevano abbandonato, senza cibo né sostegno logistico.
L’eliminazione di Abu Shabab non modifica in modo decisivo il quadro militare complessivo della Striscia, perché si trattava pur sempre di un attore locale e isolato. Tuttavia rappresenta un segnale simbolico importante: sparisce la figura che più di tutte incarnava il tentativo interno, non controllato da Hamas, di opporsi al dominio del movimento islamista.
Per Hamas, la morte di un rivale così visibile costituisce un vantaggio propagandistico e un messaggio di forza verso la popolazione: chi sfida la sua autorità rischia di pagarne il prezzo. Restano incerte le sorti della milizia creata da Abu Shabab: potrebbe dissolversi, frammentarsi in lotte interne o cadere sotto la guida di un nuovo leader locale.
Il caso conferma la difficoltà strutturale nel tentativo di costruire, nella Gaza post-7 ottobre, forze locali affidabili che possano contrastare Hamas. Finché il movimento resta l’attore armato dominante e mantiene il controllo su gran parte della Striscia, ogni iniziativa alternativa rischia di essere temporanea e vulnerabile. La morte di Abu Shabab, pur non essendo attribuita a Hamas, rafforza di fatto la sua capacità di intimidazione e la sua pretesa di restare il potere centrale nella Striscia di Gaza.












