
Quella che doveva essere una proposta di legge per rafforzare gli strumenti contro l’odio antiebraico si è trasformata in un terremoto politico che scuote il Partito Democratico e incrina il già fragile equilibrio del Campo Largo. Il disegno di legge presentato dal senatore Graziano Delrio ha, infatti, aperto una frattura profonda tra l’area riformista e la segreteria di Elly Schlein, culminata in una clamorosa e pubblica sconfessione da parte dei vertici dem a Palazzo Madama.
Il testo, depositato il 20 novembre e assegnato alla Commissione Affari costituzionali, punta a contrastare l’antisemitismo nelle scuole, nelle università e sul web, prevedendo misure per facilitare la rimozione dei contenuti d’odio online e l’introduzione negli atenei di una figura dedicata al monitoraggio delle discriminazioni. Il nodo politico più controverso riguarda però l’adozione della definizione di antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Per i critici, tale definizione rischierebbe di trasformare “ogni critica radicale contro Israele” in un atto potenzialmente antisemita, includendo valutazioni sulla natura democratica dello Stato ebraico o l’accusa di utilizzare “doppi standard”.
“Il gruppo del Pd al Senato non ha presentato alcun disegno di legge in materia di antisemitismo. Quello depositato da Graziano Delrio è a titolo personale e non rappresenta la posizione del gruppo né del partito”. Il messaggio, diffuso dal capogruppo Francesco Boccia e concordato con il Nazareno, è l’esito di un clima incandescente, alimentato anche dalla competizione interna tra correnti che hanno sensibilità opposte sui temi della politica estera.
Il DDL, concepito per scoraggiare i discorsi d’odio “in ogni piazza, reale o virtuale”, ha provocato la reazione degli alleati di AVS e dell’ala sinistra del PD. Quest’ultima teme che, una volta approvato, renda impossibile criticare il governo israeliano e le sue responsabilità nella guerra a Gaza. Arturo Scotto, tra i dirigenti più vicini alla segretaria Schlein, lo afferma con chiarezza: “L’antisemitismo è un cancro della società. Ma eviterei di equipararlo alla critica legittima alla deriva antidemocratica di uno Stato”. Posizione analoga quella di Angelo Bonelli (AVS), “sconcertato” da una proposta che, a suo dire, “definirebbe antisemita e quindi sanzionabile chi contesta radicalmente i comportamenti di Israele”.
Le critiche non arrivano solo dai partiti di sinistra: Il Manifesto invita a “rimettere il DDL nel cassetto”, mentre Il Fatto Quotidiano lo definisce “peggio del DDL Gasparri”.
Il disegno di legge era stato inizialmente sottoscritto da un fronte eterogeneo: oltre a Pier Ferdinando Casini e ai riformisti Sensi, Malpezzi, Bazoli, Alfieri, Verini e Zampa, figuravano anche esponenti dell’area più vicina alla segreteria come Antonio Nicita, Andrea Martella, Beatrice Lorenzin e Valeria Valente. Ma nel tardo pomeriggio è arrivata la mossa risolutiva di Boccia: un sms del capogruppo ha convinto Nicita, Martella, Lorenzin e Valente a ritirare la firma.
Delrio, però, non arretra. Tre giorni fa ha chiesto al presidente della Commissione, Alberto Balboni, l’abbinamento del suo testo agli altri già all’esame. E non ha alcuna intenzione di fermarsi. L’ex ministro si dice “amareggiato e sorpreso” dalla durezza del suo stesso partito. Rivendica che la definizione IHRA “è già stata assunta dal Parlamento europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020” ed è utilizzata “nelle strategie ufficiali della Repubblica italiana contro l’antisemitismo”. Sottolinea inoltre che il suo DDL non attribuisce alla definizione forza di legge, “a differenza di altri progetti”.
“Se si è potuto criticare Israele fino a oggi, lo si potrà continuare a fare. Voci come quelle di Foa o Lerner si sono sempre espresse liberamente, così come la mia in Aula”, afferma Delrio.
“Bisogna guardare alla luna, l’antisemitismo, e non al dito, cioè alla definizione”, aggiunge. Accanto a lui, Simona Malpezzi ricorda che gli atti di antisemitismo sono aumentati “del 400% nel 2024”. Durissima la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, che liquida le critiche come “strumentali”: “Sono i soliti inquinatori di pozzi, mossi da giustificazionismo e ipocrisia”.












