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    ITALIA

    Antisemitismo, l’allarme del CDEC: “Crescono violenza, normalizzazione e ostilità”

    L’antisemitismo in Italia continua a crescere, e lo fa con una rapidità che non ha precedenti nella recente storia del Paese. È quanto emerge dalla nuova relazione dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, che fotografa la situazione nei primi nove mesi del 2025: 766 episodi registrati da gennaio a settembre, 82 in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Una progressione costante, che dal 2023 mostra un aumento triplicato in soli due anni, e che soprattutto rivela un cambiamento profondo nella qualità e nella natura delle ostilità.
    Se il web rimane il luogo privilegiato per la circolazione dell’odio, con oltre 500 episodi si consumano sui social e nelle piattaforme digitali, ciò che più preoccupa gli analisti del CDEC è ciò che accade fuori dagli schermi. Nei primi nove mesi dell’anno si contano 238 episodi offline, tra cui 11 aggressioni fisiche, il numero più alto mai registrato dall’Osservatorio. Non si tratta solo di scritte sui muri o vandalismi, ma di minacce, intimidazioni e atti di discriminazione ormai diffusi nei luoghi di lavoro, negli ambienti scolastici, nei trasporti pubblici. L’antisemitismo, spiegano i ricercatori, “entra nella vita quotidiana delle persone, colpendo famiglie, studenti, turisti, lavoratori del settore pubblico e privati cittadini”.
    L’antisemitismo legato a Israele è la matrice prevalente degli episodi. Dalla guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre 2023, la narrazione ha progressivamente associato gli ebrei italiani, come individui o come gruppo, allo Stato di Israele, trasformando parole come “sionista” in etichette generiche e dispregiative. Il risultato è una crescente demonizzazione indistinta, alimentata spesso da un linguaggio estremizzato, che attinge senza remore al repertorio della Shoah: “forni”, “docce”, “saponette”, “biscotti”, come mostrano i post raccolti nel rapporto.
    Il CDEC segnala inoltre il ruolo crescente di veri e propri “professionisti dell’odio”, figure pubbliche o para-pubbliche che attraverso social, conferenze e interventi sui media diffondono racconti complottisti e metafore disumanizzanti. I loro contenuti ottengono grande visibilità e, sempre più spesso, una forte approvazione da parte del pubblico. Un fenomeno che, secondo i ricercatori, contribuisce ad amplificare la percezione che esprimere ostilità verso gli ebrei sia socialmente accettabile.
    E proprio la normalizzazione dell’antisemitismo è il nodo più preoccupante secondo l’Osservatorio Antisemitismo. Il rapporto descrive un quadro in cui settori chiave della società, come l’università, la scuola, il mondo culturale, la politica e lo spettacolo, ospitano o tollerano discorsi che banalizzano o legittimano l’odio. In molte situazioni, la semplice affiliazione o identità ebraica diventa motivo di isolamento, ostilità o pressione psicologica. È il caso di insegnanti emarginati dai colleghi per “solidarietà a Gaza”, professionisti pubblicamente insultati, famiglie prese di mira in strada o sui mezzi pubblici, fino alle lettere minatorie inviate a membri di comunità ebraiche e a figure istituzionali.
    Il rapporto analizza anche il modo in cui gli episodi si articolano nelle categorie della definizione operativa dell’IHRA sull’antisemitismo, rilevando frequenti paralleli tra Israele e il nazismo, accuse collettive agli ebrei per le azioni dello Stato e tentativi di negazione o distorsione della Shoah. Si tratta, ancora una volta, di un uso strumentale della memoria storica, impiegata come arma retorica per alimentare il clima d’odio.
    L’analisi mostra anche la diffusione geografica del fenomeno: dagli episodi più eclatanti nelle grandi città ai casi meno visibili nei piccoli centri, l’antisemitismo attraversa l’Italia senza distinzione di aree politiche, sociali o culturali. Anche la distribuzione sulle piattaforme digitali testimonia una presenza varia e trasversale, con Facebook, X/Twitter, Instagram e TikTok particolarmente esposti.
    Il dato complessivo, spiegano i ricercatori, non va letto come un semplice aumento numerico: ciò che sta cambiando è la qualità dell’odio, sempre più diretto, sfacciato e “popolare”. L’ebraismo italiano non è più colpito soltanto nelle sue figure pubbliche, ma nei suoi cittadini comuni, nei loro luoghi di vita, nei loro rapporti quotidiani. Una tendenza che richiede, secondo il CDEC, un intervento deciso delle istituzioni, del mondo politico e di quello educativo, insieme a una maggiore responsabilità dei media e delle piattaforme digitali.

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