
Per molto tempo la domanda è rimasta sospesa, mai pronunciata ad alta voce e Romi Gonen, ex ostaggio israeliano rapito il 7 ottobre 2023 al Nova festival, lo ha capito subito: tutti si domandavano cosa avesse subito, ma nessuno trovava il coraggio di chiedere. In un’intervista al programma Uvda dell’emittente Channel 12, Gonen ha deciso di raccontare quanto subito durante la sua prigionia a Gaza, durata 471 giorni, condividendo parte della sua storia sconvolgente di abusi sessuali.
Gonen spiega che il silenzio intorno agli abusi non nasce solamente dall’imbarazzo, ma anche dalla paura di ascoltare risposte insopportabili. Parlare, tuttavia, per lei è diventato necessario. Racconta come, in quelle condizioni, il corpo reagisca prima ancora della mente e la paura non spinge sempre alla fuga, ma immobilizza. È una paralisi fatta di terrore e disgusto, in cui il tempo sembra fermarsi.
Uno degli episodi più traumatici avviene in uno spazio chiuso, un bagno, in cui la percezione della realtà si frantuma completamente. “Fuori, attraverso una piccola finestra, la vita continua: il cielo limpido, i suoni ordinari, un mondo che sembra intatto. Dentro, invece, domina una violenza che sporca tutto”.
Ed è proprio questo contrasto a rendere l’esperienza ancora più insopportabile. Tutti i pensieri si concentrano su un’unica, terribile, certezza, sul fatto che “in Israele pensano che tu sia morta e tu sarai la sua schiava sessuale per tutta la vita”. In quel momento arriva anche una minaccia diretta, pronunciata con una pistola puntata alla testa, “se lo dici a qualcuno, ti uccido”.
Nel corso della detenzione, gli abusi non restano un episodio isolato. Romi racconta di essere stata aggredita anche da una persona che avrebbe dovuto curarla, un presunto membro del personale medico dell’ospedale al-Shifa, il quale ha approfittato delle sue ferite e della totale mancanza di potere. “Stavo entrando in doccia e lui si è permesso di entrare per ‘aiutarmi’, ero ferita e non avevo alcun potere su di lui”.
In un’altra fase della prigionia, nel campo profughi di Shati, le molestie e le intimidazioni erano diventate parte della quotidianità di Romi. “All’improvviso sento un aggressore avvicinarsi a me, mi inizia a fare un massaggio alla schiena, poi scende verso la vita ed io gli dico di fermarsi. Il giorno dopo, però, mi ha detto che lui ed io avremmo dormito uno accanto all’altro e che ogni notte mi avrebbe messo le manette”.
Dopo la messa in onda dell’intervista, il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito il racconto di Romi Gonen “straziante”, sottolineando come la sua esperienza rappresenti un esempio di violenza sessuale usata come strumento di guerra, volto ad annientare lo spirito umano. Per questo, ha aggiunto, la sua storia deve essere ascoltata e ricordata non solo come vicenda personale, ma anche e soprattutto come testimonianza di ciò che hanno vissuto gli ostaggi.













