
“Abbiamo avuto un incontro di circa cinque minuti e abbiamo già risolto tre questioni”. Con queste parole il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha commentato il colloquio con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avvenuto a Mar-a-Lago, in Florida. Un incontro breve, ma carico di implicazioni strategiche, che ha toccato i nodi centrali della crisi mediorientale: Gaza, Iran e Hezbollah.
Parlando ai giornalisti, Trump ha ribadito il suo sostegno a Netanyahu, respingendo le accuse secondo cui Israele starebbe rallentando l’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco firmato in ottobre con Hamas. “Vogliamo arrivare alla seconda fase dell’accordo il prima possibile”, ha dichiarato, chiarendo però che esiste una condizione non negoziabile: “Deve esserci il disarmo di Hamas”.
Il presidente americano ha insistito sul punto con toni duri. “Hanno fatto un accordo in cui si impegnavano a disarmarsi. Ci sono Paesi che hanno spinto per questo accordo e che hanno detto chiaramente: se Hamas non si disarma, verrà disarmata. E se non lo farà, verrà eliminata” ha sottolineato Trump.
Uno dei passaggi più delicati dell’incontro ha riguardato l’Iran. Trump ha affermato di essere pronto a sostenere un nuovo attacco israeliano qualora Teheran continuasse a sviluppare i propri programmi nucleari e missilistici. “Sento dire che l’Iran sta cercando di ricostruire l’arsenale. Se lo sta facendo, dovremo abbatterli di nuovo. Li colpiremo duramente” ha aggiunto.
Rivendicando i raid statunitensi contro siti nucleari iraniani, Trump ha parlato di un’operazione militare di successo. “Abbiamo usato i bellissimi bombardieri B-2. Abbiamo distrutto gran parte delle loro capacità nucleari”. E ha aggiunto: “Il popolo iraniano è infelice, l’economia va male e ogni volta che c’è una protesta il regime inizia a sparare”. Alla domanda su un eventuale sostegno a un cambio di regime a Teheran, Trump ha evitato una risposta diretta, limitandosi a osservare: “Sapete, loro uccidono le persone”.
Trump ha esteso le sue critiche anche al fronte settentrionale di Israele. Riferendosi a Hezbollah, ha dichiarato: “Hezbollah si sta comportando male. Vedremo cosa fare”. Nonostante il cessate il fuoco raggiunto nel novembre 2024, Washington e Gerusalemme continuano a denunciare lentezze e resistenze nel processo di disarmo della milizia sciita sostenuta dall’Iran. Israele, dal canto suo, sostiene che i progressi siano “parziali e insufficienti” e continua a condurre operazioni mirate per impedire la ricostruzione militare del gruppo.
Nel corso delle dichiarazioni, Trump ha riservato parole di forte elogio a Netanyahu. “Se Israele avesse avuto il primo ministro sbagliato, non esisterebbe”. E ha aggiunto: “Il nostro rapporto non potrebbe essere migliore. Abbiamo appena vinto una grande guerra insieme”.
Secondo Trump, senza l’azione congiunta contro l’Iran, “non ci sarebbe stata pace in Medio Oriente” e nemmeno gli accordi con i Paesi arabi sarebbero stati possibili.
Sul fronte di Gaza, la prima fase del cessate il fuoco ha incluso un parziale ritiro israeliano, un aumento degli aiuti umanitari e lo scambio di ostaggi con detenuti palestinesi. Tuttavia, il passaggio alla fase successiva resta bloccato. Un funzionario israeliano vicino a Netanyahu ha spiegato che il premier chiederà che Hamas restituisca i resti dell’ultimo ostaggio israeliano ancora trattenuto nella Striscia prima di procedere. La famiglia dell’ostaggio, Ran Gvili, ha accompagnato Netanyahu negli Stati Uniti ed era attesa a incontri con funzionari dell’amministrazione americana.
Trump ha infine sostenuto che il presidente israeliano Isaac Herzog gli avrebbe detto che una grazia per Netanyahu “è in arrivo”. Una dichiarazione subito smentita dall’Ufficio del Presidente. Nonostante la smentita, Trump ha definito Netanyahu un “eroe” e ha affermato che “è molto difficile non concedergli una grazia”.
Al di là dei toni ottimistici espressi dal presidente americano, la situazione resta estremamente fragile. Hamas continua a rifiutare il disarmo, Hezbollah resiste alle pressioni internazionali e l’Iran prosegue le proprie attività militari. Israele ha già chiarito che, se il disarmo non avverrà per via diplomatica, “l’opzione militare resta sul tavolo”.













