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    Chiedere giustizia per l’attentato del 9 ottobre ‘82: la mozione proposta dal consigliere comunale PD Daniele Nahum

    Al Consiglio Comunale di Milano dedicato agli interventi di articolo 21, dunque quelli liberi e svincolati dai temi dell’aula, il consigliere PD Daniele Nahum ha voluto ricordare l’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, in cui morì il piccolo Stefano Gaj Tachè, di soli due anni. A riportare l’attenzione sul tema, le ultime rivelazioni sulle numerose segnalazioni fatte allo Stato dal Sisde riguardo la concreta possibilità di un attentato al Tempio Maggiore di Roma. Shalom ha intervistato Daniel Nahum.  

     

    Partiamo dal principio. Cosa l’ha spinta a riportare in aula consiliare la questione sull’attentato alla Sinagoga di Roma e sul Lodo Moro?

     

    Da ebreo italiano, l’attentato alla Sinagoga mi ha sempre suscitato molta rabbia. Dopo aver letto i documenti recentemente pubblicati mi sono sentito in dovere, in quanto cittadino italiano ebreo e rappresentante delle istituzioni, di intervenire sulla questione. Dobbiamo dire che quell’evento non riguarda solo noi ebrei italiani, ma tutti. Fu un attentato di matrice palestinese contro cittadini ebrei, ma anche contro lo Stato italiano. Per questo mi batterò all’infinito. Stefano Gaj Tachè è una vittima italiana del terrorismo.

     

    L’aula come ha reagito?

     

    Ha risposto molto bene e devo dire che il mio intervento è stato ascoltato ed applaudito. Purtroppo, nella percezione collettiva si conosce poco questa vicenda nei suoi dettagli, ed è compito nostro riportarla alla luce. Quando ho parlato in aula, la prima cosa che ho notato è stato lo stupore: molti non sapevano dell’accaduto. Mi sono arrivati dei messaggi anche da parte di persone che non lo conoscevano. Mi prendo l’impegno, ma prima devo interfacciarmi con la Comunità Ebraica di Roma e la famiglia Gaj Tachè, di creare momenti condivisi per parlare di quella giornata.

     

    La storia ed i documenti del Sisde sembrano confermare che lo Stato sapeva. Come prosegue la battaglia? Adesso cosa si farà?

     

    Sicuramente è necessaria la desecretazione di altri documenti. Il punto principale è chiedere, dopo quarant’anni, la totale verità e luce sugli aspetti controversi. Per primo, sul Lodo Moro: devono spiegare il perché delle ragioni storiche e perché l’esenzione dal patto degli ebrei. L’Onorevole Emanuele Fiano sta facendo un lavoro enorme a livello nazionale. Per la città di Milano, personalmente voglio fare una mozione che impegni Sindaco e Giunta a chiedere al governo di fare luce sugli avvenimenti, sulle sedici segnalazioni del Sisde, sul fatto che quella mattina non ci fosse una pattuglia a presidiare la Sinagoga. Questi sono gli aspetti su cui bisogna agire per fare giustizia: per i famigliari, per tutti noi ebrei e per tutti noi cittadini italiani. Nella mozione scriverò questo.

     

    In un recente articolo di Shalom è stato ricordato l’ordigno fatto esplodere agli uffici del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano dieci giorni prima dell’attentato alla Sinagoga di Roma. Ad oggi, unendo i pezzi del puzzle, quanto inquieta la semplicità con cui fosse possibile colpire obiettivi ebraici italiani, solo perché considerati un’appendice di Israele e dunque “estranei”?

     

    Lo hanno detto bene sia Fiano che Pacifici al Riformista. Influì molto il clima infame nei confronti delle comunità ebraiche italiane. Non dimentichiamoci della bara lasciata davanti alla Sinagoga durante la manifestazione dei sindacati a Roma. Si voleva far pagare agli ebrei italiani una guerra che si svolgeva altrove, in Libano. Personalmente, mi ricordo che mio padre aveva un piccolo negozio, e tutti sapevano che era ebreo. Mi raccontava di quegli anni come di vera tensione. Quel clima per fortuna oggi è cambiato, anche nella percezione che gli italiani hanno su Israele.

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