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    ITALIA

    La censura della cultura e il tradimento dei valori

    I nomi dei luoghi, delle istituzioni, delle strade, delle piazze sono memoria, insegnamento, fonte di ispirazione. Il nome dell’aeroporto di Palermo, in memoria dei giudici Falcone e Borsellino, vittime della mafia non è un nome casuale, non è un nome celebrativo: è un nome che marca il segno del dovere morale del ricordo per i due giudici che furono combattenti per la giustizia. Allo stesso modo il nome di una della più antiche università di Italia, la Federico II non è un nome dato dal caso. Federico Ruggero di Hohenstaufen (1194 –1250) è stato imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme. Federico fu un grande letterato, protettore di artisti e studiosi: la sua corte in Sicilia fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, germanica, araba ed ebraica. Uomo colto ed energico, stabilì in Sicilia e nell’Italia meridionale una struttura politica somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con un’amministrazione efficiente. Attilio Milano, il grande storico ebreo romano, ha scritto nella sua “Storia degli ebrei in Italia”: “se la vita degli ebrei meridionali ebbe un periodo completamente fausto, esso coincise con l’ultimo venticinquennio del regno di Federico II. In questo quarto di secolo, il sovrano svevo non solo seppe mettere integralmente a profitto le doti commerciali dei suoi ebrei ed in tale senso li tenne in gran conto, ma egli stesso ne studiò e ne diffuse grandemente il patrimonio spirituale e culturale […].”. Per Milano Federico II “fu il più illuminato e il più combattuto monarca del suo tempo”, il quale avrebbe dato al Mezzogiorno d’Italia “mezzo secolo di floridezza economica, di assestamento politico e giuridico, di fervore artistico”.
    E se i nomi dei luoghi, delle istituzioni, delle strade, delle piazze sono memoria, insegnamento e fonte di ispirazione, lo scorso 15 marzo qualcosa non deve aver funzionato, perché nelle aule della Università Federico II di Napoli si è commesso uno dei più atroci delitti che un uomo come Federico II non avrebbe mai approvato: la violenta censura della voce della cultura. Maurizio Molinari, il direttore de La Repubblica, alla Federico II di Napoli avrebbe dovuto tenere un convegno, poi annullato, sotto le minacce degli studenti e le loro grida di: “Fuori i sionisti dall’Università”, anche se il tema dell’incontro, “Il ruolo della cultura nel contesto di un Mediterraneo conteso” avrebbe avuto la benedizione dell’Imperatore. I nomi dei luoghi sono memoria, sono insegnamento e sono un monito a proseguire la strada di quegli stessi nomi. Lo scorso 15 marzo a Napoli, all’Università Federico II abbiamo assistito al tradimento dei valori che quel luogo, quel nome dovrebbero rappresentare, abbiamo assistito allo stupro della cultura della convivenza e della tolleranza, abbiamo assistito alla stessa morte della cultura, dell’ascolto, del dialogo, della formazione e della educazione delle nuove generazioni.
    Abbiamo assistito alla violenza della Memoria, lì dove proprio nell’atrio della sede storica della Federico II in Corso Umberto I è posta la lapide che ricorda i nomi dei professori ebrei espulsi a causa delle leggi razziste del 1938: Anna Foà, Ugo Forti, Alessandro Graziani, Ezio Levi D’Ancona, Donato Ottolenghi. Anche questi nomi sono memoria, sono insegnamento, sono monito. E dati i tempi che stiamo vivendo quei nomi sono anche fonte di preoccupazione. Se oggi Anna Foà, Ugo Forti, Alessandro Graziani, Ezio Levi D’Ancona, Donato Ottolenghi volessero rientrare, per un magico gioco di tempi e destini, nelle loro aule per insegnare e dibattere si ritroverebbero accolti dalle urla intolleranti e diversamente fasciste degli studenti dei collettivi che gridano: “Fuori i sionisti dell’Università”? Il dramma di questa ipotetica domanda getta un’ombra di fallimento su tutto il nostro sistema educativo e ci rende tutti falliti: insegnanti, rettori, intellettuali, società civile. Un fallimento che i luoghi ricorderanno. Che ricorderanno le scale della Federico II dove, il 12 settembre del 1943 fu fucilato dai nazisti Andrea Mansi, un giovane marinaio, che con la sua morte fu una delle scintille della rivolta della città di Napoli contro l’occupazione nazifascista. Luoghi, nomi, storie, memoria di fronte ai giorni che stiamo vivendo ci richiamano ad un agire immediato e concreto contro un presente fatto di urla ignoranti, un presente collettivamente isterico, unanimemente fanatico ed ottuso come un gregge.

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