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    “Memorie di un rabbino italiano. Le agende di David Prato (1922-1943)”: le memorie del rabbino e della persona

    Presentato al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche
    Italiane – UCEI il libro “Memorie di un rabbino italiano. Le agende di David
    Prato (1922-1943)”, edito da Viella e scritto da Angelo Piattelli e Mario
    Toscano. Incentrato sulla vita di Rav David Prato, che fu Rabbino Capo di Roma
    e figura centrale per l’ebraismo, il volume racchiude i suoi appunti, riflessioni,
    promemoria e tanto altro. Moderata da Claudio Procaccia, direttore del
    Dipartimento per i Beni e le Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma,
    la presentazione si è svolta alla presenza di diversi ospiti, tra cui anche rappresentanti
    della comunità romana e dell’UCEI.

    “Il lavoro che c’è dietro a questo libro si inserisce in un contesto di valorizzazione
    e approfondimento che si sta perseguendo negli anni – ha esordito la presidente
    CER Ruth Dureghello – Rav Prato è una figura ancora poco conosciuta e tutta da
    scoprire che fa parte di un periodo storico complesso”.

    Primo cantore della Sinagoga di Firenze, Morè, Maskil e poi Rav, David
    Prato fu Rabbino Capo di Alessandria d’Egitto e, con due mandati diversi, della
    Comunità di Roma. Una carriera in ascesa che gli consentì perfino d’esser
    candidato come Rabbino Capo di Tel Aviv. Nel libro c’è tutto, dai successi alle
    memorie, finanche pensieri e timori del maestro e della persona.

    “Questo è un testo estremamente interessante, un tesoro ricco di
    informazioni con cui ricostruiamo una personalità fondamentale per l’ebraismo
    italiano – ha aggiunto il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni – Prato era circondato
    da un’aurea di rispetto trasmessa nelle generazioni, una persona che aveva
    portamento ed una bellissima voce”.

    Fu proprio lui che nel 1947, in occasione della risoluzione ONU di
    spartizione della Palestina mandataria in uno Stato ebraico ed uno arabo,
    attraversò assieme agli ebrei romani l’arco di Tito in direzione di Sion, cioè opposta
    a quella in cui gli ebrei arrivarono schiavi dopo la distruzione del Tempio di
    Gerusalemme. Un evento solenne entrato a far parte della memoria generazionale.
    Rav Prato morì nel marzo del 1951, ma le sue memorie vivono tutt’oggi in chi
    l’ha conosciuto e nelle agende, nelle riflessioni e nei documenti che il libro
    riporta.

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