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    “L’ombra del giorno” – gli sguardi contro il muro delle leggi razziali

    “In questo film non ho la presunzione di raccontare il fascismo, ma il clima di quel periodo storico: incerto come il nostro in piena pandemia”. Sono parole di Giuseppe Piccioni che ha presentato, con una grande preoccupazione per il futuro del cinema, il suo nuovo film “L’ombra del giorno”.

     

    Interpreti Benedetta Porcaroli e Riccardo Scamarcio. Siamo sul finire degli anni ‘30, nel 1938 più precisamente, e mentre si avvertono i venti della guerra, in questo “Kammerspiel non claustrofobico”, come lo ha definito lo stesso regista, Scamarcio è Luciano, un uomo claudicante e simpatizzante del fascismo, che si è chiuso osservando il mondo esterno attraverso le vetrine del suo locale, un ristorante, ad Ascoli Piceno. Benedetta Porcaroli invece è Anna, una giovane ebrea, fuggita dalla grande città per salvarsi dalla promulgazione delle leggi razziali. Luciano dà lavoro ad Anna, e finiscono con innamorarsi. Ma la situazione precipita con l’arrivo del marito francese di lei, membro della resistenza, che Luciano decide, nonostante la sua apparente simpatia per le camicie nere, di nascondere in cantina. Le conseguenze delle leggi razziali mussoliniane saranno devastanti.

     

    “Anna crede in un mondo migliore. – dice Benedetta Porcaroli – Lei porta una rivoluzione dentro quel ristorante e dentro quell’uomo che sono anni che si nasconde”. Esattamente come si nasconde anche Anna dalla furia fascista. Anna, o meglio Esther, com’è il suo vero nome, è una donna forte, intelligente ed indipendente, forse troppo per la sua epoca. Ma questo non mina affatto l’efficacia del personaggio, anzi la accentua, rendendola straordinariamente contemporanea.

     

    Il regista de “Il grande Blek” con tocchi decisi riesce ad inquadrare la paura dei protagonisti di perdere la loro integrità fisica e morale, davanti al muro nero del fascismo che si erge come il monolito kubrickiano del “2001, Odissea nello spazio” che crea confusione nell’uomo primitivo. Gli sguardi dei due innamorati si fondono con quelli di chi si muove all’interno del ristorante, il cuoco, il giovane cameriere fascista, il vecchio professore e infine con quello dei loro aguzzini.

     

    Infatti “L’ombra del giorno” è un film degli sguardi come lo fu “Il sipario strappato” di Alfred Hitchcock e qualche decennio più tardi “L’ultimo metrò” di Francois Truffaut. Sguardi come quello sofferente di Luciano o quello fiero di Anna, quello dolente di Emil, il marito della giovane e persino quello arrogante del fascista interpretato da Lino Musella e ancora quello sottomesso ed afflitto di una rediviva Sandra Ceccarelli nella parte della madre del giovane fascista.

     

    Il tutto forma un coro tragico greco, come se ce ne fossero altri, intorno alla sciagura tremenda che ha colpito (anche) l’Italia, quella delle leggi razziali, e che ha portato a quella tragedia immane della Shoah.

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