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    “Il silenzio che urla” di Gadiel Gaj Taché, un monito per tutti noi

    “Il silenzio che urla”. Probabilmente nella storia dell’editoria un titolo più adatto come quello dato  al libro di Gadiel Gaj Taché, uscito in questi giorni nelle librerie, raramente è capitato che venisse attribuito. È la storia di Gadi, è la tragica storia dell’uccisione del piccolo Stefano zl”, è la storia della famiglia Gaj Taché, ma è anche e soprattutto un piccolo grande libro di Storia.

    Un libro che racconta in maniera intima e allo stesso tempo interpreta la memoria collettiva, ricostruendo uno spaccato di storia contemporanea che è quella degli ultimi quarant’anni vissuti in Italia, di una comunità intera sconvolta da un attentato che ne segnò il percorso e l’esistenza e che modificò per sempre il modo di vivere di tutti noi ebrei di Roma, da quel momento costretti a mandare a scuola i nostri figli in edifici controllati dalle forze dell’ordine o ad andare a pregare in sinagoghe protette e blindate a causa dell’odio antiebraico che ancora persiste.

    È la prima volta che un sopravvissuto di quel vile attentato del 9 ottobre del 1982 davanti alla sinagoga di Roma, che causò la morte di Stefano Gaj Taché bimbo di due anni e il ferimento di  40 persone, propone un libro dove racconta in maniera così sofferta e intensa il proprio percorso di vita, da quella famigerata giornata fino ad arrivare ai giorni nostri, passando per le sofferenze vissute nel corpo e nell’anima da lui e dalla sua famiglia, nel ricordo del fratello brutalmente assassinato dall’odio antiebraico palestinese.

    La sfera intima di Gadi acquisisce così  una dimensione collettiva, dove oltre a quella della sua famiglia vengono  raccontate la sofferenza, la rabbia, lo smarrimento di una intera comunità che a quarant’anni di distanza da quel giorno ancora attende risposte e attribuzioni certe di responsabilità che sicuramente, oltre all’unico terrorista Al Zomar, condannato in contumacia e dileguatosi In uno dei tanti paesi arabi a lui amico, vede altri assassini ancora in libertà, nel silenzio e nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto a tempo debito ricercare e condannare mettendo davanti alle proprie responsabilità esecutori, mandanti e fiancheggiatori di quell’atto terroristico palestinese.

    L’importanza di un libro del genere a livello pedagogico e narrativo è straordinaria, perché questo testo permette, soprattutto ai giovani ed alle nuove generazioni, di ripercorrere  il grande periodo intercorso dai mesi prima dell’attentato  ad oggi e permette loro di conoscere approfonditamente una storia così tragica, che è entrata nella memoria collettiva dell’intera comunità ebraica ma che deve necessariamente entrare nella memoria collettiva dell’intera nazione italiana: perché Stefano Gaj Taché era, come sottolineato dal presidente Mattarella qualche anno fa, un bambino italiano, vittima del terrorismo ed in quanto tale ancora attende che venga fatta giustizia per il suo assassinio.

    Tanti gli interrogativi che lascia aperti questo libro, tanti gli spunti di riflessione su come si poteva evitare un attentato del genere e come nulla è stato fatto perché questo non avvenisse. Addirittura il suo svolgimento lascia pensare a quali connivenze  possano esserci state, tanto di natura politica, quanto in materia di sicurezza e protezione.

    Ecco perché proprio attraverso un testo del genere nelle scuole italiane si potrebbero approfondire tematiche che sono comuni ad altre stragi rimaste irrisolte e scolpite nella memoria collettiva italiana. Non a caso, l’impegno di Gadi in questi anni si è concentrato soprattutto nel recarsi a raccontare la propria storia  e quanto accaduto il 9 ottobre del 1982 presso le scuole, parlando ai giovani, che saranno coloro che raccoglieranno il testimone della Memoria e che ora potranno avvalersi di uno strumento eccezionale come è il libro di chi ha subito l’attentato in prima persona.

    È un dovere civico che abbiamo tutti noi, ebrei e non ebrei, quello di mantenere viva la memoria di questo giorno così drammatico per il nostro Paese e per i cittadini ebrei di Roma. Allo stesso tempo è un atto dovuto al piccolo Stefano: finalmente vengono proposte domande che sono nelle menti di un’intera comunità e che non hanno ancora avuto risposta. Dov’era la protezione delle forze di sicurezza in quel giorno di ottobre in cui cadeva una festa ebraica? Perché non c’erano forme di protezione? Perché tanto odio gratuito sparso dai media italiani nei giorni e nei mesi precedenti all’attentato? Com’è stato possibile che chi ha compiuto l’attentato sia potuto fuggire senza trovare ostacoli sulla sua strada? Queste e altre domande rimangono senza risposta. Ora Gadi, assieme ad un’intera collettività, chiede, e lo fa dopo essere stato per anni interi chiuso in un silenzio che urlava e chiedeva giustizia.

    È giunta l’ora di dargli quella giustizia.

    Mercoledì 21 settembre alle ore 18.00, dalla Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano della Camera di Commercio di Roma, verrà trasmessa in streaming sulla pagina facebook della Comunità Ebraica di Roma, la presentazione del libro di Gadiel Gaj Tachè “Il silenzio che urla. L’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982” (ed. Giuntina). Dopo i saluti istituzionali del Presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, della Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e del Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Shmuel Di Segni, interverranno con l’autore Maurizio Caprara, Fiamma Nirenstein, Andrea Riccardi e Walter Veltroni, moderati dal vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma Ruben Della Rocca.

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