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SPECIALE PESACH 5784

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    Dal mulino alla tavola: norme e tecniche per la farina kasher lepesach

    La tradizione ebraica italiana, quella romana in particolare, si caratterizza per la cucina di dolci e altri prodotti tipici che allietano il palato nei giorni di Pesach. Tuttavia, affinché la farina sia kasher lepesach, è necessario che venga sottoposta a un determinato processo di produzione, ormai in disuso nella pratica industriale della maggior parte dei mulini e delle aziende agricole.

    “Per produrre la farina bisogna schiacciare i chicchi di grano e poi effettuare un’operazione di setacciamento – spiega a Shalom il Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni – L’estrazione della farina dal guscio o dal chicco è un’operazione che può essere facilitata dall’umidificazione del chicco stesso: più questo è umido, meglio si separa la farina. Sin dall’antichità, infatti, si immergono i chicchi nell’acqua, un processo che oggi si è industrializzato. Tuttavia, questo procedimento attiva processi di lievitazione, rendendo la farina chametz sin dalle sue origini. Pertanto, per avere farina kasher lepesach questa bagnatura non deve avvenire. Inoltre, vista la necessità di un rigoroso controllo rabbinico, è opportuno che il mulino impegnato in questa produzione realizzi grosse quantità in poco tempo”.

    Le operazioni, infatti, partono con un notevole anticipo e richiedono uno sforzo intenso di alcuni giorni, al fine di rifornire di farina pasticcerie e laboratori almeno tre o quattro settimane prima di Pesach. Da alcuni anni, si dedica a questo delicato processo un mulino a conduzione familiare situato nelle Marche, nei pressi di Camerino, in provincia di Macerata. A controllare la produzione per accertarne la kasherut è Gavriel Piperno, da cinque anni impegnato con passione in quella che ritiene una sorta di missione.

    “È un grande sforzo, in quanto si tratta di 3 giorni molto intensi dediti a questa produzione, che necessita di un controllo attento e costante per accertarsi che non vi siano difformità o errori – racconta Gavriel Piperno a Shalom – Si tratta di un’attività che svolgo con grande piacere: anzitutto, ciò permette di proseguire una tradizione italiana assai longeva, quale la produzione di un ingrediente essenziale per le ciambellette e per altri prodotti tipici. Inoltre, si è creato un felice rapporto di collaborazione con il mulino, che mette a nostra disposizione la propria esperienza e la struttura produttiva”. Il mulino è parte dell’azienda agricola della famiglia Fedeli, composta da Bruno e sua moglie Sabina, che lavorano con le figlie e con il genero. Producono farine, legumi, cereali, facendo della valorizzazione del territorio e della genuinità del made in Italy un punto di forza, in un’area che è stata duramente colpita dal terremoto nel 2016 e che sta ancora nel pieno del percorso di ricostruzione. “La loro produzione è certificata per tutto l’anno dalla Comunità, ma per il periodo di Pesach serve un’attenzione particolare – sottolinea Piperno – Le norme sul chametz impongono che in ogni parte della lavorazione del grano, dalla raccolta alla sua macinatura, questo non entri in contatto con l’acqua: può sembrare una banalità, ma la quasi totalità dei mulini in Italia usa l’acqua nel separare la crusca dalla farina. Nel mulino dei Fedeli il procedimento avviene a secco, rendendo la farina certificabile per Pesach. Questo metodo implica una resa più bassa del grano rispetto a ciò che si può ottenere con l’uso dell’acqua: uno sforzo che rende ancor più encomiabile la collaborazione di questa azienda, tanto da essere l’unico mulino certificato per la farina kasher lepesach in Italia”.

    Un processo produttivo dunque che richiede una certa complessità e un notevole impegno, che negli ultimi anni si è reso ancor più ostico. Le restrizioni del 2021 e soprattutto del 2020, con i divieti imposti dall’emergenza sanitaria, hanno provocato diversi ostacoli alla logistica. “Quest’anno nevicava, così lo spostamento dei pacchi e i controlli sono divenuti ancor più faticosi – racconta Piperno – I quantitativi peraltro sono notevoli: sono stati lavorati circa 150 quintali di prodotto finito. La quasi totalità finisce a Roma; quote minoritarie vanno al forno di Venezia, altre a Firenze”.

    “Bisogna pertanto tenere sempre a mente che per la preparazione dei prodotti di Pesach non si può usare una farina qualunque – conclude Rav Di Segni – Proprio per queste ragioni si porta avanti  un accurato lavoro di produzione, controllo, approvvigionamento e distribuzione”.

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