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    Il carnevale romano della “berlina” – La derisione e lo scherno degli ebrei in tempi antichi

    Carnevale: tempo di trasformazione e sovvertimento. Le persone si mascherano, si ride e si irride, si mangia, si beve e si balla per capovolgere l’ordine costituito.  Tuttavia è importante sapere che, almeno a Roma, il carnevale fu per secoli una grande e popolare festa antigiudaica alla quale gli ebrei erano costretti a partecipare a ciò che erano definiti “Ludi carnacialeschi”, giochi che si tenevano in epoca romana per concedere svago e divertimento al popolino romano gretto e ridanciano. Papa Paolo II il Barbo nel1466 fissò gli spazi ed il calendario del carnevale stabilendo  delle gare   alle  quali partecipavano ebrei, giovani, vecchi, asini, bufali e cavalli  ed introducendo diverse corse divise in linea di massima tra” bestie bipedi” e “ bestie quadrupedi” .Il  luogo preposto  per queste corse era la zona  tra piazza Venezia , per l’ esattezza Palazzo San Marco residenza del Papa dal quale assisteva ai festeggiamenti, e via del Corso ( in quel periodo via Lata) rinominata  per via delle gare che si svolgevano.  C’è da sottolineare  che all’inizio del XVI secolo le corse non furono viste come un angheria nei confronti degli ebrei  e coloro che volevano competere arrivavano in modo spontaneo e ben vestiti  ma ben presto le cose peggiorarono  tanto che  queste corse  divennero per gli ebrei delle vere e proprio umiliazioni…Il “Pallio delli Judei” divenne durante il carnevale un vero e proprio polo di attrazione  per il popolo romano; tutti accorrevano  sfidando i cordoni che tracciavano il percorso di gara tirando fango, frutta  marcia, escrementi e liquidi più o meno identificabili ai corridori in un delirio dei cittadini urlanti che inveivano e ingiuriavano i concorrenti. Dunque, “la corsa dei Giudei” la quale apriva i “festeggiamenti” del carnevale romano fu un modo di esplicitare i volti dell’ostilità e della paura; tutti portavano il loro contributo alla persecuzione degli ebrei e alla costruzione di un’immagine moralmente infamante di questo popolo. Fino ad arrivare al palio nel quale correvano ebrei completamente nudi umiliandoli in tutti modi. Scrive Montaigne nel 1583: ”Lunedì i soliti otto ebrei corsero ignudi il palio loro, favoriti da pioggia vento et freddo degni di questi perfidi mascherati di fango al petto”.  Uno spettacolo certamente tremendo e agghiacciante per chi lo viveva ma sicuramente  beffardo e buffonesco per chi osservava. Non solo…oltre il danno anche la beffa!  Le corse erano finanziate con il denaro di una tassa particolare imposta solo ai cosidetti “ Judei” i quali, inasprendosi nel corso degli anni le vessazioni e l’eccitazione del popolo romano  durante il carnevale, dovettero correre nudi e sotto un nubifragio per il divertimento della folla. Nel 1668 Papa Clemente IX, a seguito delle continue suppliche da parte degli ebrei di Roma di porre fine alla barbara usanza abolì questa crudele consuetudine a patto che gli ebrei si assumessero gran parte delle spese dei festeggiamenti carnevaleschi. Così è riportato nel documento Summarium, conservato nell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”, nel quale si affermava l’accoglimento dell’implorazione pagando 300 feudi e sottoponendosi il Rabbino e tre fattori a subire l’onta di una cerimonia farsesca e coercitiva. Essi dovevano   recarsi in Campidoglio a rendere omaggio alla pubblica amministrazione di Roma (senatore e conservatori) inginocchiandosi e pronunciando un discorso di sottomissione al quale il senatore rispondeva con le parole:” Andate! Per quest’anno vi soffriamo” e la cerimonia terminava con un bel calcio nel di dietro al Rabbino. Il documento Summarium  che conteneva tutta una serie di suppliche degli ebrei al Papa   fu poi pubblicato nel 1717 a dimostrazione delle varie invocazioni  scritte  per far terminare anche ulteriori vessazioni dei judei durante il carnevale come per esempio le “ Giudiate” le quali preghiere non furono mai accolte. Le “Giudiate” erano rappresentazioni farsesche in maschera, inizialmente itineranti e poi fisse su carri trainati  da buoi, durante le quali venivano messe in scena  delle parodie che  deridevano le abitudini gli ebrei e i loro costumi, dai cortei funebri all’insegnamento rabbinico.  Queste rappresentazioni erano costantemente denunciate alle autorità ecclesiastiche dai capi della Comunità ebraica proprio per i toni virulenti e offensivi che fomentavano odio e violenza nella popolazione che assisteva a tali spettacoli ma come ho sottolineato prima non fu mai concesso agli ebrei la cessazione di questi beffardi spettacoli.  Nel 1709, la corporazione  cristiana dei pescivendoli, che svolgeva il proprio  mercato nei pressi  del Portico D’Ottavia, in occasione  del carnevale di quell’anno avevano portato ”per Roma una cassa da morto con diverse teste di animali fingendo di fare  il funerale ad alcuni rabbini morti con scherni ed atti impopij da usar con morti, da che ne sono nati sempre inconvenienti, e scandali grandi, a segno  ch’alli poveri Hebrei gl’e convenuto  per molti giorni starsene chiusi nel Ghetto ,o pure esporsi a battute e feriti dalla Plebbe”  Per buona parte  del Settecento questi episodi di dileggio andarono avanti,  con espressioni popolari di avversione antiebraica, espressioni “ dal “basso” che vale la pena ricordare in quanto sono in grado di esprimere un odio, un ostilità ed un disprezzo  verso gli ebrei e la loro durata  nel corso dei secoli.


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