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    In libreria ”Il ragazzo che liberò Auschwitz”. ”Racconto ai giovani affinché ricordino” Intervista all’autore Roberto Genovesi

    Il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrano nel campo di Auschwitz- Birkenau. I soldati non sono soli, insieme a loro ci sono fotografi e reporter. Tra questi c’è un ragazzo ucraino, Vady, rimasto orfano per mano dei nazisti. Sarà assieme alla sua Leica che Vady vedrà con i suoi occhi quei crimini terribili. Quello che appare nelle foto è ciò che somiglia di più all’inferno sulla terra, ed è tra tutta quella distruzione che spunta un dettaglio interessante: una ragazzina senza nome. Così Vady, animato dal forte desiderio di trovarla, documenta minuziosamente l’evento più terribile della Storia del Novecento: Auschwitz- Birkenau.  “Il ragazzo che liberò Auschwitz” (Newton Compton Editori), in uscita nelle librerie il prossimo 24 gennaio, è un toccante racconto di fantasia che parte da eventi realmente accaduti, portando in superficie il punto di vista di coloro che testimoniarono per la prima volta l’orrore dei lager. Shalom ha intervistato l’autore, Roberto Genovesi, scrittore e giornalista.

     

    Come è nata l’idea di scrivere questo libro? Da cosa è partito?

     

    Quello della Shoah è un tema molto delicato che è stato affrontato molte volte da scrittori e saggisti. Si è parlato delle vittime, dei carnefici e dei liberatori ma nessuno, fino a questo momento, aveva mai affrontato la questione dal punto di vista di coloro che garantirono alla Storia le immagini della Shoah. Quei giornalisti e quei fotografi aggregati ai reparti militari che liberarono progressivamente tutti i campi di sterminio a partire da Auschwitz. Ecco il mio romanzo parla di uno di questi fotografi, un ragazzo di sedici anni, e del suo impatto con l’orrore. Nei miei romanzi spesso ricorrono protagonisti bambini o adolescenti, come in questo caso. Ciò mi permette di guardare gli eventi attraverso la reazione di chi non ha ancora accumulato le sovrastrutture di un adulto e dunque affronta ogni evento con libertà di pensiero e indipendenza critica. Inoltre, con questo romanzo, io parlo direttamente agli adolescenti attraverso un loro pari. Troppo spesso, nelle scuole, il tema della Shoah viene affrontato per dovere o per routine e questo approccio indebolisce il peso di un dibattito che invece dovrebbe fare leva sulle sensazioni emotive. Attraverso il mio romanzo voglio comunicare ai giovani lettori proprio queste sensazioni, le stesse che potrebbero provare loro se si fossero trovati nelle condizioni del protagonista. Ho cercato di ricreare quella che oggi, quando si parla dei campi di sterminio, è stata edulcorata dal tempo: l’empatia.

     

    Parlare di Shoah non è semplice, specialmente con i ragazzi. Quanto è importante oggi raccontare queste storie?

     

    Come ho già detto in libreria troviamo tanti saggi e tanti romanzi sulla Shoah. Ma sembra quasi che si tratti di operazioni ”dovute”. Ma quanto gli autori credono davvero che ciò che scrivono serva a qualcosa? Quanto immaginano che le loro parole possano arrivare alle nuove generazioni affinché il ricordo venga alimentato? Io credo che dimenticare sia come uccidere. E scrivere per routine è la stessa cosa. Oggi è importante continuare a raccontare ciò che avvenne nei campi di sterminio ma solo se si riesce a farlo attraverso il linguaggio delle giovani generazioni che ormai non riescono a cogliere più messaggi, anche se importanti, costruiti con il linguaggio del secolo scorso.

     

    Per costruire la narrazione è partito da una storia vera? Quanto c’è di romanzato, se c’è?

     

    Sì, sono partito da una storia vera. Quella dei fotografi aggregati alla 38ª Divisione Fanteria Meccanizzata dell’esercito russo che furono tra i primi a imbattersi, quasi casualmente, durante l’avanzata verso Berlino nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. Il lavoro di ricerca storica è stato condotto con la collaborazione della Fondazione Museo della Shoah di Roma che mi ha aperto gli archivi documentali e fotografici. Devo ringraziare per questo il Presidente, Mario Venezia e Marco Caviglia per il supporto continuo. Devo ringraziare anche Rossella Veneziano che mi ha accompagnato in quello che è un vero e proprio campo minato dove anche la scelta errata di un termine può compromettere il lungo lavoro di mesi. La gran parte degli avvenimenti raccontati nel romanzo sono accaduti realmente e derivano da cronache e diari del tempo. Ho voluto solo sostituire i nomi reali con nomi fittizi per rispetto dei protagonisti che molto spesso sono stati vittime. Questo romanzo si rivolge ai giovani adulti ma anche a un pubblico più maturo. Sono passati tantissimi anni da quei tragici avvenimenti che hanno segnato per sempre la storia moderna del genere umano. I ritmi quotidiani, l’intossicazione dovuta ai social, l’espansione dell’effimero come ragione di vita stanno facendo dimenticare ai ragazzi cosa conti davvero e cosa veramente vada difeso a costo della vita. Mi auguro con questo libro di aver fatto qualcosa di utile per interrompere questo torpore inconsapevole.

     

    Il romanzo verrà presentato il 23 gennaio 2023 alle ore 18:00 presso l’auditorium del Maxxi

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