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SPECIALE PESACH 5784

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    La Brigata Ebraica e il 25 aprile

    Quando un ebreo vede innalzarsi sul pennone piano piano la bandiera d’Israele, prova un piacere intenso, un misto di orgoglio ed emozione. Mentre sale centimetro per centimetro, il drappo bianco con le due strisce azzurre con in mezzo la stella a sei punte, ci ricorda ogni tappa, ogni momento della nostra storia.

    Una sequela di eventi tragici, di umiliazioni e massacri, di cattività nei ghetti e conversioni forzate, di espulsioni e rapine, di precaria paterna accondiscendenza e dileggio. Il vessillo, inerpicandosi ancora più in alto, ci ricorda la furia nazista, i milioni di morti, la speranza sfinita di un popolo annichilito. Sono ancora presenti sulle porte del Tempio Maggiore di Roma dei punzoni di ceralacca con l’aquila e la svastica nazista, li apposero gli sgherri della gestapo dopo la razzia e la deportazione a Portico d’Ottavia il 16 ottobre del 1943.

    Qualche mese dopo nel sole d’inizio estate con il cielo terso, la bandiera con la Stella di David si dispiegò finalmente al vento, insieme agli altri drappi Alleati per entrare nella città eterna e liberarla. La Brigata Ebraica arrivò a Roma il 4 giugno del 1944 e finalmente ruppe i sigilli infami e ridiede il Tempio Maggiore alla sua gente.

    Il popolo di Roma stupito si accorse che gli ebrei non erano quelli descritti dai fascisti e dai preti ma erano un esercito fiero di liberatori. Gente caparbia che era arrivata dal Yeshuv della Palestina mandataria britannica e aveva dato la vita contribuendo a liberare prima la Sicilia e, risalendo la penisola, battaglia su battaglia fino alla vittoria sul nazifascismo.

    La storia della Chativah Yehudith Lohemeth, Forza di Combattimento Ebraica, è entrata nei cuori di molti, un moto epico di riscatto voluto fortemente dall’Agenzia Ebraica che convinse gli inglesi dell’importanza simbolica di avere un battaglione autonomo ebraico con un proprio stendardo e un emblema di riconoscimento contro il nemico. Così dei trentamila combattenti ebrei-palestinesi nelle fila dell’esercito inglese, cinquemila volontari, dopo essersi addestrati a Fiuggi, nell’aprile del 1945 furono inviati a combattere nel Senio vicino a Ravenna. Insieme al 5° Corpo d’Armata britannico e ad alcuni componenti dell’esercito polacco sconfissero l’esercito tedesco.

    A ricordo di quegli accadimenti nel cimitero di Piangipane (RA) sono seppelliti cinquanta soldati della Brigata Ebraica, altri riposano a Faenza, Coriano, Udine. Ma molti altri combattenti ebrei persero la vita nelle fila delle formazioni militari Alleate e le loro tombe si trovano in vari cimiteri in Italia. Per gli atti di valore ed eroismo in ventuno furono decorati sul campo e più di 150 furono i feriti.

    Il 25 Aprile del 1945 i tedeschi si arresero dopo che tutte le grandi città italiane erano state liberate con il contributo del popolo e dei Partigiani che riscattarono l’onore della Patria sconfitta dagli eserciti. Quando la Brigata Ebraica fu smobilitata nel 1946, i partecipanti decisero di dismettere la divisa e rimanere per aiutare la popolazione sofferente. Il disastro della Shoah si fece di giorno in giorno più evidente, una massa di ebrei disperati si riversò in cerca di un trasporto per fuggire da una terra che aveva cercato di annientarli. Così iniziarono ad organizzare e a far partire le navi clandestinamente verso la Palestina mandataria britannica che aveva messo il blocco all’immigrazione ebraica.

    Il 14 Maggio del 1948 è diventata una data di orgoglio collettivo e guai a chi ce lo tocca, il vessillo di quella Brigata, con alcune piccole modifiche, si è trasformata nella bandiera dello Stato d’Israele e della ritrovata indipendenza del popolo ebraico. Ad ogni ricorrenza del 25 Aprile ci sono contestazioni da parte di gruppi antagonisti alla partecipazione della Brigata Ebraica alle manifestazioni di piazza per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ma questa è la Storia. Il resto è menzogna.

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