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    Obesità, amore incondizionato e maternità: ecco i temi dei film di Aronofsky, Wiseman e Zlotowski in concorso a Venezia 79

    Alla settantanovesima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia sono in concorso tre registi d’origine ebraica: Darren Aronofsky, Frederick Wiseman e Rebecca Zlotowski. Ognuno di loro si presenta con un film originale su temi di estrema attualità. Cura dell’obesità, amore coniugale e difficoltà della maternità.

    Darren Aronofsky, regista, sceneggiatore e produttore di fama internazionale pluripremiato, ha diretto tra i tanti Requiem for a Dream nel 2000, The Wrestler nel 2008 e Il cigno nero nel 2010. A dimostrare il legame culturale di Aronofsky con il mondo ebraico è il suo sesto film Noah, che rielabora la storia biblica di Noè.

     

    Lo stile registico si avvicina ai drammi psicologici e surreali, ma quest’anno si presenta al Festival del Cinema in una nuova veste, riadattando l’opera teatrale The Whale di Samuel D. Hunter. Charlie, un insegnante di inglese affetto da una grave forma di obesità, va alla ricerca della figlia diciassettenne che non vede da anni. Il protagonista è interpretato da Brendan Fraser, che per l’occasione ha messo il suo corpo a servizio del personaggio. Secondo il regista, nessuno meglio di lui poteva rappresentare Charlie: “Quando otto anni fa ho visto lo spettacolo di Sam Hunter, mi sono meravigliato della profondità dei suoi personaggi, soprattutto di Charlie. Mi è venuta l’ispirazione di usare il grande schermo per mettere il pubblico nei panni di Charlie, per immergermi nei suoi pensieri più profondi, nei suoi rimpianti e nelle sue speranze”.

     

    Frederick Wiseman, regista, sceneggiatore e documentarista americano, ha lavorato tra l’America e la Francia, aggiudicandosi il Leone d’Oro alla Carriera nel 2014. Tra i suoi lavori più recenti spicca Ex Libris: New York Public Library, un documentario su uno dei poli culturali più importanti della vita newyorkese.

     

    Oggi propone a Venezia il suo Un Couple, la tormentata e appassionante storia d’amore dei coniugi Lev Tolsoj e Sòf’ja Bers, intellettuali, romantici, ma soprattutto scrittori.

     

    Il film rappresenta la prima incursione nella fiction di Wiseman. Durante la pandemia, in soli 23 giorni, il regista all’età di novantadue anni ha realizzato il film lasciandosi affascinare dalla campagna parigina. Belle Île, isola a largo delle coste della Bretagna, fa da cornice al racconto di una donna e uomo che, nonostante trent’anni di matrimonio, tredici figli e quindici anni di differenza, lottano per mantenere vivo il rapporto. La scrittura è il cuore di Un Couple, un monologo di 60 minuti che riproduce la corrispondenza epistolare e i diari segreti dei coniugi Tolstoj per illuminare la verità intima di una coppia di amanti. L’attrice francese Nathalie Boutefeu ha già collaborato con Wiseman in passato, in questo film è co-sceneggiatrice e interprete di Sòf’ja Bers, protagonista indiscussa dell’opera.

     

    Rebecca Slotowski, sceneggiatrice e regista parigina, è nota al pubblico per Grand Central, commedia con Lea Seydoux del 2014, selezionata al Festival di Cannes nella categoria “Un Certain Regard”, che premia gli esordienti all’inizio della carriera. Nel 2016 ha scritto e girato Planetarium con Natalie Portman e Lily-Rose Depp, storia di due spiritiste americane ingaggiate da un produttore cinematografico.

     

    A Venezia si presenta con una commedia romantica su un particolare ruolo materno: quando i figli sono degli altri. La protagonista de I figli degli altri è Rachel, un’insegnante di liceo, interpretata da Virginie Efira, che si innamora perdutamente di Ali, Roschdy Zem, e della figlia Leila di quattro anni. Tra Rachel e Leila si crea un legame speciale, ma complesso, che mette in discussione il ruolo materno in tutte le sue sfumature, soprattutto quando l’amore per Ali scompare. La regista Slotowski dice di aver voluto girare il film che lei stessa avrebbe voluto vedere al cinema, rivelando la matrice autobiografica dell’opera: “Perché una donna simile, che vive un’esperienza apparentemente comune – e che io stessa ho vissuto – non è mai stata protagonista di un film?”. 

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