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    Un pittore ebreo alla Corte dei Medici. Dureghello: “Scoperta eccezionale che testimonia il contributo della cultura ebraica nei secoli”

    L’ebraista Gabriele Mancuso e la storica dell’arte e funzionaria degli Uffizi Maria Sframeli hanno scoperto l’esistenza alla corte medicea del Seicento di un pittore ebreo: Jona Ostiglio. La scoperta avvenuta soprattutto grazie ai documenti presenti negli Archivi degli Uffizi, è stata presentata al pubblico durante la conferenza Dal ghetto alla corte dei Medici: la vita e le opere di un pittore ebreo fiorentino nel Seicento nell’ambito dei Dialoghi d’Arte e Cultura organizzati dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, durante la quale Mancuso ha presentato la scoperta al pubblico.

     

    Ostiglio visse tra il 1620-30 ed il 1695, fu un artista capace e apprezzato dalle più potenti e prestigiose famiglie fiorentine e dagli stessi granduchi che gli commissionarono alcune opere. Nel 1680 entrò anche a far parte della prestigiosa ed antica Accademia delle Arti e del Disegno di cui rimase l’unico membro di religione ebraica fino ‘900. Mancuso ha ricordato che l’esistenza di un pittore ebreo nella Firenze granducale è stata attestata per la prima volta in un articolo del 1907 del rabbino e biblista Rav Umberto Cassuto.   

     

    È stata Sfameli ad indirizzare il biblista verso alcuni documenti ed opere che suggeriscono l’attività di un pittore ebreo nella Firenze seicentesca.  Insieme, i due studiosi hanno ricostruito la vita dell’artista. La scoperta dell’esistenza di un pittore ebreo stimato e attivo nella Firenze granducale in un periodo in cui gli ebrei erano rinchiusi nel Ghetto e potevano praticare solo alcune professioni, potrebbe arricchire e modificare la storia dell’arte fiorentina. Si tratta infatti di un’importante scoperta per la storia dell’arte italiana  che consente di attribuire  a Jona Ostiglio  alcune opere rimaste sino ad oggi anonime e conservate agli Uffizi, alla villa Medicea di Poggio a Caiano, nella chiesa fiorentina di San Michele in San Salvi, ma anche alla Farnesina a Roma. Tra le sue opere si rientrano tele caravaggesche e paesaggi.

     

    «Malgrado i limiti imposti dalla Chiesa e dall’Inquisizione, nel ‘600 i Medici salvarono la vita e le ricerche di Galileo, ora apprendiamo che a un ebreo era permesso esercitare la pittura (attività che non rientrava tra quelle permesse ai suoi correligionari), era concesso l’onore di far parte dell’Accademia patrocinata dai granduchi e di ricevere incarichi dalle famiglie nobili più in vista. Certamente è un’acquisizione storica che testimonia l’apertura mentale dei Medici» spiega il direttore degli Uffizi Eike Schmidt.

     

    Anche la Presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello ha evidenziato l’importanza della scoperta: «Siamo di fronte a una scoperta eccezionale che documenta nella sua rarità quanto la cultura ebraica abbia contribuito nei secoli alla formulazione delle storie che hanno fatto la nostra nazione, anche in quei periodi, come quello illustrato dalla vicenda di Jona Ostiglio, ancora molto distanti dai concetti di integrazione e di dialogo».

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