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    Commento alla Torà. Parashà di Balàk: Rabbi Akivà e Bar Kokhbà

    Balàk re di
    Moàv aveva ingaggiato inutilmente il mago Bil’àm affinché con le sue
    maledizioni gli levasse di torno quella che lui percepiva la minaccia degli
    israeliti. In effetti il popolo d’Israele, dopo avere sconfitto i potenti re
    Sichòn e ‘Og, non aveva nessuna intenzione di invadere il territorio dei
    moabiti seguendo gli ordini dell’Eterno che aveva comandato loro di rispettare
    i territori dei moabiti e degli ammoniti loro cugini in quanto discendenti di
    Lot, nipote di Avrahàm. L’Eterno non permise a Bil’àm di pronunciare
    maledizioni e costui poté pronunciare solo benedizioni. Nel congedarsi dal re
    Balàk, Bil’àm gli disse: “Ora sto per tornare al mio popolo; ebbene vieni: ti
    predirò ciò che questo popolo farà al tuo popolo negli ultimi giorni”. Egli
    pronunciò il suo oracolo e disse: “Questa è la parola di Bil’àm figlio di
    Be’òr, la parola dell’uomo dall’occhio penetrante. È la parola di chi ode le
    parole di Dio e conosce la volontà dell’Altissimo; di chi vede la visione
    dell’Onnipotente, mentre cade [nel ricevere la profezia] con visione mistica.
    Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non nel prossimo futuro: una stella
    spunterà da Ya’akòv (Giacobbe) e uno scettro sorgerà da Israele, che schiaccerà
    tutti i principi di Moàv e dominerà tutti i discendenti di Set. Edòm sarà
    demolito e il suo nemico Se’ìr verrà distrutto e Israele sarà trionfante. E da
    Ya’akòv verrà un sovrano che distruggerà quello che avanza della città” (Bemidbàr, 24:14-19).

    Rashì (Francia, 1040-1105) nel suo commento cita la traduzione
    aramaica di Onkelos (I secolo e.v.)
    che traduce la frase “Spunterà una stella da Ya’akòv” con le parole “Sorgerà un
    Re da Ya’akòv”. Poi riguardo alle parole “schiaccerà tutti i principi di Moàv”,
    Rashì commenta che si riferisce a re Davide che sconfisse Moàv, come scritto
    nel libro del profeta Samuele (II Shemuèl,
    8:2). Riguardo alle parole “un sovrano che distruggerà quello che avanza della
    città” Rashì commenta che si riferisce al futuro Re d’Israele che metterà fine
    all’esilio.

    Nel Talmud di
    Eretz Israel (Trattato Ta’anìt, 21a)
    è raccontato: “R. Shim’òn figlio di Yochài insegnò che Rabbi ‘Akivà
    interpretava le parole “Spunterà una stella (in ebraico kokhàv) da Ya’akòv” dicendo “Spunterà Kozivà da Ya’akòv”. R. ‘Akivà si riferiva a Shim’on bar [figlio
    di] Kozivà, chiamato Bar Kokhbà, figlio della
    stella, che nell’anno 132 e.v. iniziò la grande rivolta per liberare la terra
    d’Israele dal dominio romano, sostenendo che quest’ultimo era il futuro Re
    menzionato nella profezia di Bil’àm. Tuttavia nella stessa pagina è scritto che
    un collega di R. ‘Akivà, R. Yochanàn figlio di Tortà disse a R. ‘Akivà:
    “‘Akivà, l’erba crescerà sulle tue guance senza che arrivi il [re] discendente
    di re Davide”.

    La rivolta scoppiò
    quando l’imperatore Adriano proibì agli ebrei di eseguire le circoncisioni.
    Egli nominò il feroce Tinneio Rufo governatore della Giudea e intorno al 132
    C.E., Adriano cominciò a stabilire una città a Gerusalemme chiamata Aelia Capitolina,
    il cui nome era una combinazione del suo nome Aelius e quello del dio romano
    Giove Capitolino, iniziando a costruire un tempio a Giove al posto del Bet Ha-Mikdàsh. All’inizio la rivolta
    ebbe successo con la sconfitta e la distruzione di intere legioni romane tanto
    che Adriano non inviò il suo solito messaggio al Senato che “Io e il mio
    esercito stavamo bene”.

    Il Talmud
    racconta che tale era la forza di Bar Kokhbà e del suo esercito che costui diceva
    che avrebbe vinto la guerra naturalmente senza aiuto dal Cielo purché l’Eterno
    non lo ostacolasse. Tuttavia dopo un lungo assedio la fortezza di Betàr venne
    conquistata dai romani che fecero una strage dei combattenti e degli abitanti.
    I Maestri dissero che dopo questa disfatta “la forza d’Israele fu
    stroncata”. 

    Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt
    Melakhìm, Cap. 11), in modo simile a Rashì, scrive che i versetti della parashà si riferiscono a re Davide a al
    suo discendente il re mashìach (in
    italiano “messia” che significa “unto”, perché la nomina dei re veniva fatta
    mettendo olio sulla testa). Il Maimonide aggiunge che non bisogna pensare che
    il futuro re messia deva fare miracoli perché R. ‘Akivà sostenne la causa del
    re Bar Kozivà affermando che era il re mashìach, fino a quando quest’ultimo fu ucciso per via di peccati.

    [Le foto
    allegate mostrano il diritto e il rovescio di una moneta d’argento coniata da
    Bar Kokhbà con le parole in ebraico corsivo “Shim’on” e “Per la liberazione di
    Gerusalemme”].

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