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    “Mazal Tov!” – Le foto raccontano. Il matrimonio ebraico in mostra al Meis

    La storia di una famiglia nasce da una promessa sotto la chuppah, ma anche da un’immagine, dagli oggetti, dalle ketubbot. A tutto questo vuole rispondere la mostra al Meis di Ferrara, dal 4 giugno a 5 settembre 2021 dal titolo “Mazal Tov! Il matrimonio ebraico”. Le prime due sale del Meis saranno dedicate alle fasi che compongono la cerimonia nuziale, poi viene illustrato il riconoscimento dello Stato Italiano del matrimonio ebraico, per finire anche a parlare del mikveh, il bagno rituale nelle vasche di acqua piovana che la sposa compie prima della cerimonia. Ma sono soprattutto le foto di coppie di sposi italiani ad accompagnarci in un viaggio visivo dagli anni ’30 al duemila. E per capire cosa c’è dietro le immagini sbiadite, cosa è successo alle persone ritratte nelle fotografie in bianco e nero, che ci siamo soffermati su due storie, una durante la guerra, altra alla fine degli anni ’60.

    Il primo racconto parte da Firenze, da un’immagine color seppia al Tempio Maggiore. È il 10 agosto del ’42, ad aprire il corteo nuziale c’è la sposa Lea Levi, 20 anni, bellissima, il volto coperto dal velo, accompagnata dal padre, il Rabbino Rodolfo Levi. Subito dietro lo sposo, Elio Pacifici, 29 anni, fazzoletto bianco nel taschino della giacca, baffi e occhiali, che tiene sottobraccio la madre. Il corteo nuziale si dirige verso la chuppah, è l’attimo prima del matrimonio. È un’unione in un momento difficile, quattro anni dall’onta delle leggi razziste e in mezzo alla guerra. Elio Pacifici, per fortuna, non ha perso il lavoro perché è ragioniere in una ditta privata di giocattoli. Il suocero è famoso, all’interno e all’esterno della comunità. A Pitigliano, nel lontano ’17, ha paragonato dal pulpito l’esodo dall’Egitto alla liberazione degli ebrei russi dopo la caduta dello zar. Poi è stato cappellano militare volontario nella Prima Guerra Mondiale, credendo nell’emancipazione fino in fondo. Ma non è per questo che è schedato dai fascisti. Nel ’37, è fra i firmatari del messaggio che vuole confutare le accuse antisemite del regime. Da allora è diventato un personaggio scomodo, da sorvegliare, finito negli archivi del regime sotto la voce degli “eversivi sionisti”.

    L’8 settembre coglie la famiglia impreparata, la giovane sposa Lia ha partorito a maggio un maschio, Giulio, e si nascondono dove possono. Il marito Elio le vieta di rivelare persino a suo padre dove abitano, mentre lui cerca disperatamente di raggiungere il Sud, oltre le linee nemiche. Si separeranno e si rincontreranno durante quei lunghissimi mesi d’occupazione fino all’11 agosto del ’44. Ma non tutti si salveranno. Il padre di Lia, il Rabbino Rodolfo Levi va a trovare il suo amico Arturo Orvieto, ma non sa che la sua casa è piantonata. I fascisti lo seguono e lo prendono insieme alla moglie Rina, alla figlia Noemi e alla famiglia della cognata. In tutto una retata di 10 persone, prima a Fossoli e poi ad Auschwitz, il convoglio n.8, quello in cui viene trasportato anche Primo Levi. Catturati l’8 febbraio del ’44, vengono eliminati all’arrivo il 26 febbraio. Della loro memoria si occuperà il nipote Giulio, tanti anni dopo, il bambino che si definisce “miracolato” e che provvederà a Firenze a far mettere le pietre d’inciampo. Dal matrimonio di Lia ed Elio non nasceranno più figli, ma Giulio si sposerà al Tempio Spagnolo di Roma nel 1972 e avrà due figli e molti nipoti.

    La seconda storia ci porta al Tempio Piccolo di Torino, è il 28 maggio 1967. La sposa, Roberta Anau, ha 19 anni, lo sposo, Gianfranco De Pas, ne ha 25. Lei è in abito corto, un tailleur avorio pallido, cappello, sandali. “Era un matrimonio riparatore”, se vogliamo ancora usare questa espressione. La sposa è incinta e madre e nonna si sono rifiutate di farla sposare in modo pomposo. Malgrado i tempi “moderni”, i due non pensano minimamente al rito civile. “Non ci è mai passato per la testa. Ci piaceva l’idea del Tempio, eravamo tutti ebrei”. Subito dopo scoppia la guerra dei sei giorni, mentre gli sposi, entrambi studenti, vanno a vivere in un appartamento in affitto nel quartiere operaio di Mirafiori e iniziano a discutere con gli amici di sinistra su Israele. Anau racconterà tutto questo in un romanzo, molto divertente, per le edizioni e/o dal titolo “Asini, oche e rabbini”, dove non c’è lei in   copertina ma i suoi genitori nel giorno del matrimonio, la madre elegantissima, con le calle e la ketubà, il padre in frak, scampati alla Shoah perché si sono nascosti nelle Langhe. Dall’unione tra Roberta e Gianfranco, nasce una figlia che oggi ha 53 anni. I due poi si separano, ma così può essere la vita.

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