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    “Eccomi, manda me” – Rifiuto e accettazione del potere

    Le ultime ore del complicato processo di elezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno messo in moto meccanismi virtuosi che sono culminati nella dichiarazione del presidente rieletto, che ha sottolineato il valore del dovere e della responsabilità pubblica. In questi giorni diversi analisti mettono in evidenza i valori morali che si sono affermati, sollevando il mondo dei giochi della politica a qualcosa di più alto.

     

    I problemi sollevati in questa occasione non sono una novità. La plurimillenaria storia ebraica ha numerosi esempi di queste dinamiche, di come la società, o lo stesso Dio, cerchino delle guide, e come le persone scelte reagiscano alla chiamata; o come siano i singoli a cercare il potere e quali lezioni se ne possano trarre dalle loro vicende.

     

    Il potere nell’antica società ebraica, che fosse politico, religioso istituzionale e profetico è sempre stato visto come un carico di responsabilità, di doveri, di esposizione a situazioni difficili alle quali non tutti sono pronti, capaci e disponibili. Un famoso apologo del libro dei Giudici (9:7-20), racconta degli alberi che si volevano nominare un capo e si rivolsero prima all’olivo, poi al fico, poi alla vite, ciascuno dei quali rifiutò, dicendo che non era disposto a rinunciare a produrre i suoi preziosi frutti “per andare ad agitarsi sulla cima degli altri alberi”. Alla fine fu disponibile solo il rovo, che è basso, non fa frutti ed è spinoso, che accettò minacciando gli altri alberi che li avrebbe bruciati in caso di disobbedienza. L’apologo era una critica al potere e al candidato che le tribù si erano scelte. E questo è un esempio evidente di sfiducia e di rapporto negativo con il potere, ma esistono anche esempi opposti.

     

    Tra i capi scelti dall’Alto per la loro missione si registrano reazioni differenti, almeno all’inizio. Abramo riceve la chiamata e obbedisce senza protestare; quando mette in discussione l’operato divino non è per sé ma per salvare le persone, come nel caso dell’annunciata distruzione di Sodoma e Gomorra. Al contrario Mosè fa tutto il possibile per sottrarsi alla missione, e un intero capitolo dell’Esodo, il terzo, racconta la sua riluttanza: “chi sono io da andare dal Faraone?”; e nel corso della sua lunga missione farà sempre delle domande e qualche volta persino disobbedirà. Tra i profeti vi sono quelli come Eliseo che, chiamati dal Maestro, lasciano tutto e lo seguono; altri come Geremia che maledicono il giorno della loro nascita per la condizione nella quale sono stati messi che li costringe a annunciare cose terribili e farsi per questo insultare e carcerare; altri come Isaia che alla domanda divina “chi manderò?” rispondono entusiasti “eccomi, mandami”. Tra i candidati al regno è emblematica la storia di Saul. Una volta eletto scappa e si nasconde perché non se la sente di assumere l’incarico, ma una volta al potere lo difenderà duramente e crudelmente, Una storia che nei commenti rabbinici ritornerà spesso, con una riflessione sulla debolezza umana. Rabbì Yehoshua ben Perachya diceva: “dapprima a chi mi avesse detto: Sali alla grandezza l’avrei dato in pasto ai leoni, ora a chi mi dice di scendere gli tirerei addosso dell’acqua bollente”; “è facile salire sul palco ed è difficile scenderne”.

     

    Sono anche numerosi gli esempi di persone non degne che hanno cercato il potere, e l’arresto della loro ascesa diventa simbolica, come nella storia dei figli del re David aspiranti al trono, con uno strascico di vicende sanguinose. Commentano i rabbini “a chi insegue il potere, il potere gli sfugge, e a chi fugge dal potere il potere lo insegue”.

     

    Al figlio di Salomone, il neo eletto re Roboamo, che chiedeva consiglio agli anziani, venne detto: “se oggi sarai servo di questo popolo, li servirai e risponderai alle loro richieste, e dirai loro cose buone, loro ti serviranno tutti i giorni” (1 Re 12:7). Ovviamente Roboamo non ascoltò gli anziani e ne pagò le conseguenze con la scissione del suo regno.

     

    Evitare il potere finché è possibile, accettarlo come un servizio, essere responsabili, non montarsi la testa, sono gli antichi e essenziali messaggi che ci sono stati trasmessi. L’evoluzione delle vicende di questi giorni ha riproposto queste riflessioni e dobbiamo essere confortati dall’happy end.

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