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    Cordoba, ovvero il modo contraddittorio in cui l’Europa tratta gli ebrei

    Un viaggio a Cordoba in Spagna  mi ha dato delle conferme istruttive sulle contraddizioni con cui l’Europa pensa agli ebrei. Cordoba, come è noto, è il luogo di nascita di Maimonide, che peraltro ne dovette fuggire con la famiglia a tredici anni nel 1148, in seguito a un’ondata particolarmente violenta fra le molte  persecuzioni islamiche. Dopo la conquista cattolica, nel 1236, le persecuzioni ripresero, ancor più violente. Sanguinosi assalti popolari al quartiere ebraico si succedevano regolarmente e dopo l’espulsione del 1492, anche i “marrani” furono oggetto di una sorveglianza durissima da parte dell’Inquisizione. A metà del ‘500, per fare solo un esempio, solo in una notte vi furono bruciate vive 170 persone accusate di “giudeizzare”. Gli ebrei comunque sparirono dalla città alla fine del ‘400 e non si sono più rivisti, anche dopo l’abolizione dell’Inquisizione e delle leggi razziste. Oggi forse vi vive un paio di famiglie. Ma buona parte della città storica si chiama “juderia”, ci sono alberghi, ristoranti, strade con nomi ebraici in evidenza, c’è una piazza dedicata a Maimonide e una sua statua, è riaperta (come museo, non per il culto) un’antica sinagoga bellissima, che nei secoli era diventata  chiesa e ospedale. Nessuno di questi omaggi urbanistici lascia sospettare che gli ebrei qui non ci sono da più di cinquecento anni e che siano stati perseguitati e sterminati. Le sole illustrazioni della storia vera si trovano in un piccolo museo allestito dalla Casa Sefarad, che è espressione di un organismo cogestito dalle comunità ebraiche, la Red de Juderias. Insomma, c’è un ebraismo sognato, assente, che viene presentato come una componente ben integrata da sempre. Gli ebrei attuali, non diciamo lo Stato di Israele, non contano, non sono citati, perché turberebbero l’immagine idilliaca e onirica della convivenza passata. In effetti le statistiche parlano di una popolazione spagnola fra le più antisemite d’Europa e la cronaca politica di uno Stato spagnolo fra i più schierati contro Israele in Europa. Ma certamente non è solo la Spagna a nutrire soprattutto (buoni) sentimenti onirici per gli ebrei, senza rapporto con la realtà. Tutta l’Europa preferisce combattere a parole l’antisemitismo, pensando che oggi si rivolga contro gli immigrati irregolari, commuoversi alla Giornata della Memoria, ignorando di aver contribuito al genocidio; credere che la cultura ebraica, beninteso quella assimilata del Novecento, faccia parte della “sua” storia, soprattutto se i suoi autori non credevano più al Dio “vendicativo” dell’”Antico Testamento”.

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