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    E’ PASSATO PER L’ANTISIONISMO IL FIUME SOTTERRANEO DEL RAZZISMO ITALIANO

    Ci si mette in fila alla cassa del bar dove si affollano gli impiegati per la pausa pranzo, e accade di intercettare qualcuno che scherza sul collega sparito proprio quando era di turno per saldare il conto collettivo: “Vabbe’… non contate su di lui, è il solito rabbino!”. Cioè il tirchio by definition. E’ passata perfino la voglia di aprire spiacevoli discussioni, peraltro inutili. Con il verbo mitridatizzare si definisce l’immunità ai veleni ottenuta assumendone gradualmente piccole dosi. Il razzismo spicciolo parte sempre dalla battuta sciocca. Non mancano naturalmente i politici che chiacchierano a vuoto dei complotti internazionali dell’alta finanza. Manovrata da quelli che non c’è neanche bisogno di nominare, poiché la gente – come loro la chiamano — capisce al volo. Gli appelli alla ragione non servono, come non vale nulla ricordare che al tempo dell’adolescenza di Philip Roth, adesso osannato da destra e da sinistra, nella scala sociale di Downtown Manhattan, a New York più in basso degli ebrei c’erano soltanto i neri e i cinesi. Non bisogna però trascurare la questione principale. Il razzismo antiebraico in Occidente, e in Italia forse più che altrove, è stato alimentato dalla infaticabile campagna di delegittimazione contro Israele. Una campagna immediatamente iniziata già con la proclamazione dell’indipendenza dello Stato Ebraico nel 1948, e infaticabilmente incrementata in occasione di tutte le azioni militari difesa: 1956, 1967, 1973, 1982, 2006. Televisioni planetarie e siti di analisi strategica si scatenano contro Israele soprattutto se ci sono scontri e interventi a Gaza, dimenticando ovviamente che il problema fu creato dagli egiziani già con gli armistizi di Rodi del 1949. Anche l’Autorità Nazionale Palestinese preferì di fatto ignorare Gaza dopo gli accordi di Oslo del 1994. Tuttavia l’UNRWA (Relief and Works for Palestine Refugees) dell’ONU ha continuato a spendere per masse di disperati che restano tali solo per volontà del mondo arabo-islamico. Anche così si diffondono pregiudizi contro Israele. A trasformarli in odio antiebraico provvedono poi le campagne giornaliere dell’antisionismo militante. Tra la fine dei ’60 e i primi ’70 del secolo passato, al tempo della grande migrazione che portò milioni di operai meridionali nelle grandi fabbriche del nord, circolavano battute e pregiudizi tra la buona borghesia di Milano e di Torino, peraltro senza distinzioni di destra o sinistra. La battuta più diffusa era questa: inutile affittare a calabresi, pugliesi e siciliani case con la vasca da bagno, poiché comunque sarebbe stata usata per piantarci il basilico. Non case vere e proprie, di solito, ma catapecchie di barriera, come tuttora vengono chiamate. Gli stessi bravi borghesi evitavano gli scompartimenti ferroviari pieni di migranti (con le celebri valigie di cartone) in quanto disturbati dalla vista di giovani mamme che allattavano in pubblico. I luoghi comuni sono duri a morire. Gli aneddoti napoletani del 1861 narravano invece verità scomode ma divertenti: quando gli ufficiali e i funzionari calati dal Piemonte e dalla Lombardia si insediarono nella reggia borbonica di Caserta, trovando i bidet nelle stanze da letto, e non conoscendone l’uso, li scambiarono per fioriere. Furono così temporaneamente sistemati nel celebre parco. Al tempo del boom italiano il razzismo spicciolo si accaniva contro i lavoratori meridionali. Davvero improbabile, dunque, che l’Italia del dopoguerra avesse davvero smaltito l’indigestione antisemita del 1938, dell’occupazione nazista e della Repubblica di Salò. Il razzismo e il pregiudizio antiebraico in Europa cominciarono con le barzellette sugli “abramucci”, e alla fine misero i vagoni sigillati sui binari per Auschwitz.

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