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    Il bue e l’asinello: origine e uso dei simboli

    La devozione popolare cristiana in Italia ha coltivato un uso natalizio speciale, quello del presepe, in cui si raffigura in vario modo la nascita. Le figure che sono presenti nella scena si richiamano alle storie evangeliche variamente interpretate e attualizzate. Tra queste c’è un dettaglio sempre presente, che ha in sé un contenuto polemico originario antiebraico, perlopiù ignorato e spesso reinterpretato in senso più benevolo. Sono le figure del bue e dell’asinello, assenti nei Vangeli canonici, ma presenti in un Vangelo apocrifo, lo Pseudo Matteo. Questo il testo:

     

    [14, 1] Tre giorni dopo la nascita … la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: “Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore”. Gli stessi animali, il bue e l’asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. 

     

    Il riferimento è a Isaia 1:3 e il versetto citato continua con le parole: “Israele non ha saputo, il mio popolo non si è reso conto”, quindi è un popolo peccatore che non riconosce il suo Signore e per questo sarà punito. Nell’interpretazione ebraica queste parole di Isaia sono una critica all’infedeltà di Israele, nell’interpretazione cristiana sono una critica a Israele che non riconosce la divinità di Gesù e per questo sarà punito. Quindi il bue e l’asinello stanno a rappresentare le nazioni del mondo o la natura che riconosce Gesù in contrasto all’infedeltà di Israele; oppure le nazioni del mondo da una parte e dall’altra Israele, testardo come un asino. Poi vengono evocati altri simboli: essendo una stalla ci vuole il bue, mentre l’asino rappresenta il mezzo di locomozione dei poveri, l’umiltà. Nella predicazione recente (si veda ad esempio un’omelia di papa Benedetto XVI il tema è sempre quello dell’infedeltà e della incapacità di riconoscere, ma il riferimento a Israele viene un po’ stemperato. 

     

    Quando si parla di simboli bisogna considerare la loro origine e l’uso concreto che se ne fa. L’uso attuale non è specificamente polemico antiebraico, ma non dobbiamo mai dimenticare la storia.

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