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    Israele. Finalmente il nuovo governo… o una nuova paralisi annunciata?

    Superati gli ultimi ostacoli, con il voto della Knesset sulle modifiche legislative necessarie e con la decisione della corte suprema di non intervenire su di esse o impedire la nomina di Netanyahu, fra qualche giorno entrerà in carica il nuovo governo di Israele, il primo a pieni poteri dopo un anno abbondante di crisi politica e tre elezioni. E’ difficile però trovare espressioni di gioia per questo risultato sulla stampa o nella politica israeliana. La destra lo vive come una mezza sconfitta, perché contro la volontà della maggioranza dell’elettorato i ministeri cruciali (Difesa, Esteri, Giustizia) andranno a politici di Kahol Lavan; il loro schieramento però si è spaccato, non è riuscito a eliminare Netanyahu e ha perso credibilità nel paese; la forzatura tentata dall’apparato giuridico dello Stato, violando la divisione dei poteri, non è arrivata al suo obiettivo; la lista araba non è riuscita a entrare nella stanza dei bottoni e Lieberman a valorizzare il suo potere di veto. Il governo è una strana entità con due anime che si detestano, tenuto assieme da un contratto di decine di pagine con evidenti forzature costituzionali (vi sono in sostanza due primi ministri, uno attivo e uno in sonno, che nominano i loro ministri e l’azione di governo è bloccata dai diritti di veto previsti nel contratto). Netanyahu ha bloccato la manovra del deep state per squalificarlo, ma deve ancora affrontare il processo derivante dalla pretestuosa incriminazione di Mandelblit. Probabilmente vi sarà l’estensione della legge israeliana sulla Valle del Giordano e sugli insediamenti e l’accettazione del Piano Trump. Netanyahu potrà compiere questo gesto fondamentale per il futuro di Israele (in questo caso il contratto esclude il veto), ma non è certo che, con tutta la sua abilità, riesca a gestire la delicata fase politica che ne seguirà, con l’inevitabile aggressione palestinista e la minaccia dell’atomica iraniana. Si dice “mal comune, mezzo gaudio”. Ma forse in questo caso Israele si ritroverà a rimpiangere le quarte elezioni evitate al costo di una nuova paralisi.

     

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