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    La censura dei social: l’ultima preoccupante frontiera del pensiero unico

    Sono passati quasi sei secoli dal primo rogo di massa del Talmud (Parigi 1242), un atto che le autorità religiose e politiche ripeterono poi moltissime volte, naturalmente con l’ottima intenzione di preservare le indifese e innocenti anime dei fedeli dalle fake news ebraiche. Il gesto fu ripreso su scala più vasta in Germania nel 1933, ma ci sono precedenti anche più antichi, come il rogo della biblioteca di Alessandria deciso nell’anno 642 da parte del generale ʿAmr ibn al-ʿĀṣ. Tutti più o meno motivati dalla saggia esigenza di impedire la diffusione di eretiche fake news, dannose per il popolo e diffuse da torvi agenti del male. Il problema, dal mio punto di vista, non è solo l’arbitraria e inaccettabile scelta da parte dei censori di ciò che andava sottratto alla vista dei loro concittadini in quanto “diseducativo”, ma la mossa in sé. Da incorreggibile ottimista, pensavo che gli ostacoli “illuminati” alla diffusione dei pensieri “sbagliati” non fossero oggi più di moda se non magari in quel che resta dei regimi comunisti e negli stati islamici. E invece no, viviamo nel bel mezzo di una nuova potente spinta alla censura, la “cancel culture” che è arrivata fino a togliere la parola al Presidente degli Stati Uniti. Non si dica che questa pratica riguarda solo qualche brutta statua negli Stati Uniti e Twitter e Facebook, i social media che per definizione diffondono “demenza digitale” e più ne eliminano meglio è. Ci sono stati di recente editori esclusi dai circuiti di vendita internazionali perché israeliani e sionisti; conferenzieri affermati espulsi da primarie università inglesi e americane per lo stesso motivo o magari perché si sono espressi per il partito “sbagliato”. Di fatto la questione è politica. Non si tratta di impedire falsità “innocenti”: nessuno vi bloccherà su Facebook se scrivete “2+2=5” o “la capitale della Francia è Bonn”. Il punto è bloccare pensieri che non siano stati prima approvati dagli “apparati ideologici di Stato”, come li definì Althusser. Per esempio affermazioni eterodosse sulle elezioni americane o sulla famiglia Biden o sull’Unione Europea. Queste eresie non devono essere diffuse. Naturalmente per il bene del pubblico, che, chissà, potrebbe farsene traviare e votare come non deve. Politici, giornalisti e sedicenti intellettuali approvano entusiasti questa nuova censura, che quasi mai è affidata ai tribunali, raramente a istituzioni pubbliche che comunque ne dovrebbero rispondere, ma viene per lo più delegata agli estremisti in piazza e nel web ai gestori privati delle grandi compagnie informatiche, come nelle recenti proposte di legge francese, tedesca e austriaca e nella pratica di questi mesi negli USA. Stranamente questi elogi dilagano anche su pagine che intendono rappresentare gli ebrei italiani. Da ottimista, pensavo che almeno noi ne fossimo vaccinati. Ma non c’è limite alla volontà di prevaricare, per chi ha la buona coscienza di farlo per il Bene, la Verità e il Progresso.

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