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    Leader o nemico? Quando la politica diventa personalizzazione

    Ormai da tempo anche in Italia si parla di “personalizzazione” della politica: al posto dei vecchi partiti di massa con apparati, funzionari, sezioni, correnti e “centralismo democratico”, vi sono leader che godono di una fiducia personale. In realtà è una vecchia storia, prima di Berlusconi c’erano stati Kennedy, Togliatti, Adenauer, Ben Gurion, per non parlare di Mussolini e Stalin, Hitler e Mao. Oggi abbiamo Trump e Salvini, Modi e Netanyahu leader forti ma non certo dittatori. Ma la personalizzazione non funziona solo sul lato positivo. Ha anche un aspetto distruttivo, per cui gli avversari cercano di demonizzare personalmente il leader nemico. E’ accaduto a Berlusconi, sta succedendo a Salvini, diventato per Ferrara “il truce”, “il rospo” per padre Spadaro, ecc. E dopo Sharon in Israele oggi tocca a Netanyahu, oggetto di una molto dubbia ma accanitissima inchiesta giudiziaria (in cui – ricordiamolo – non è un condannato ma un indiziato neppure rinviato a giudizio).  Ma per questo o piuttosto per le sue numerose vittorie elettorali, nemici gli hanno attaccato l’etichetta di distruttore della democrazia (anche quando promuove nuove elezioni), nemico del popolo e quant’altro. E questo non da parte dei molti nemici di Israele, ma di ebrei e israeliani. Sono usciti interventi in questo senso anche in qualche organo dell’ebraismo italiano (https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/opinioni/la-democrazia-in-israele-e-sotto-attacco ) e sul normalmente equilibrato Jerusalem Post si è potuto leggere un appello allo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno di Israele, perché “risolva la situazione” “imbrigliando Netanyahu”, cioè in sostanza faccia un golpe (https://www.jpost.com/Jerusalem-Report/Can-the-Shin-Bet-harness-Netanyahu-591130 ). La sinistra non riesce a batterlo alle elezioni e allora lo vuole in galera o magari  ucciso dai servizi segreti. E naturalmente pensa di essere, lei sì, democratica.

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