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    Parashà di Devarìm: Il peccato degli esploratori e il Nove di Av

    Nel suo commento alla parashà (Bemidbàr, 1:2), Rashì scrive che Moshè disse: “Guardate cosa avete causato [con il peccato degli esploratori]; non vi è una via più breve di quella che da Chorèv va a Kadèsh Barne’a di quella che passa attraverso il monte Se’ir. Normalmente la si percorre in undici giorni e voi l’avete percorsa in tre giorni […]. La Provvidenza si era data da fare per farvi arrivare più in fretta nella Terra Promessa. Ma poiché avete peccato, vi ha fatto girare attorno al monte Se’ir per quarant’anni”. 

                R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928- 2021, Modiin ‘Illìt) in Hearòt ve-He’aròt (p. 197), citando i Maestri, osserva che se [non fosse stato per il peccato degli esploratori e] Moshè fosse entrato in Eretz Israel, il Bet ha-Mikdàsh, costruito da Moshè, non sarebbe stato distrutto e non vi sarebbero state guerre. Proprio in questi giorni che precedono il Nove di Av bisogna rendersi conto di quello che abbiamo perduto a causa dei peccati dei nostri antenati.  

                Più in là nella parashà Moshè dice al popolo: “Anche con me l’Eterno si adirò per via di voi dicendo: anche tu non verrai li” [nella terra d’Israele] (Devarìm, 1:37). R. Pacifici osserva che nella Torà è scritto che  Moshè  non poté entrare in Eretz Israel  perché batté la roccia (Bemidbàr, 20:12), ma non vi è una fonte che dice che la proibizione venne a causa del peccato degli esploratori. Come spiegare questa sua affermazione? 

                Una possibile spiegazione è che la distruzione del Bet Ha-Mikdàsh fu decretata a causa del peccato degli esploratori. Infatti riguardo al versetto “E il popolo pianse durante quella notte” (Bemidbàr, 14:1), i Maestri insegnano (T.B., Ta’anìt, 29a) che l’Eterno disse: Voi avete pianto [questa notte nella data del Nove di Av] senza motivo e per questo vi farò piangere [in questa notte] per le successive generazioni.

                Nel Midràsh (Sochèr Tov, su Tehillìm, 79:1) è scritto: “Un mizmòr di Assàf; o Signore, entrarono le genti nel Tuo retaggio contaminarono il tuo santo Tempio, fecero di Gerusalemme un mucchio di rovine”.  Chiesero ad Assàf: il Signore distrugge il Bet ha-Mikdàsh e tu canti? Egli rispose: io canto per il fatto che l’ira del Signore si è abbattuta sul legno e sulle pietre. Invece di distruggere il popolo d’Israele ha distrutto legno e pietre. Per questo il Bet ha-Mikdàsh si chiama “mishkàn”, perché è un mashkòn (un pegno) per il popolo d’Israele. Invece di distruggere Israele, il Signore ha preso il pegno, il Bet ha-Mikdàsh. Sotto questo aspetto la distruzione del Bet ha-Mikdàsh fu una cosa positiva. 

                Se Moshè fosse entrato in Eretz Israel e con il suo livello di kedushà avesse costruito il Bet ha-Mikdàsh, la sua distruzione per mano dei nemici non sarebbe stata possibile. E allora l’ira divina si sarebbe riversata sui figli d’Israele. E invece poiché Moshè non potè entrare in Eretz Israel e non costruì il Bet ha-Mikdàsh, l’ira del Santo Benedetto si riversò sul legno e sulle pietre. Pertanto quando Moshè  disse al popolo che “per via di voi” non poteva entrare nella terra, voleva dire che per loro la sua entrata non sarebbe stato un bene.            

                E fu così che per via del peccato degli esploratori e il conseguente decreto della distruzione del Bet ha-Mikdàsh, fu impedito a Moshè  di entrare in Eretz Israel e di costruire il Bet ha-Mikdàsh per non causare la distruzione del popolo invece del Bet ha-Mikdàsh che sarebbe stato indistruttibile se l’avesse costruito Moshè.     

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