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    Politica israeliana: quando l’instabilità è regola

    Sarà una conseguenza dell’epidemia, ben lungi dall’essere conclusa ma che in molti paesi si è allentata abbastanza da lasciar spazio anche ad altri pensieri. O sarà il fatto che le questioni non risolte e lasciate da parte per alcuni mesi, come le elezioni americane, la Brexit o il Piano Trump tornano fuori secondo i loro tempi. Fatto sta che vi sono situazioni di instabilità e di tensione in molti importanti sistemi politici. Le violente manifestazioni che hanno devastato parecchie città americane in seguito alla morte di un arrestato non erano solo ira spontanea per la violenza della polizia, ma sono state sfruttate per cercare di mettere in svantaggio la campagna di Trump per la rielezione. In Italia dopo il momento della (molto discutibile) gestione dell’emergenza da parte del governo Conte, riemergono le tensioni politiche fra le forze che lo sostengono e l’assenza di una linea politica condivisa. In Israele, il nuovo governo Netanyahu-Gantz, nato chiaramente nella diffidenza reciproca fra i partner, non ha avuto che pochi giorni di tranquillità e ora è di nuovo nella burrasca. I temi sono due: uno è la volontà di Netanyahu di approfittare dell’occasione storica per estendere la sovranità israeliana sugli insediamenti ebraici di Giudea e Samaria e sulla valle del Giordano – territori entrambi strategici per Israele e senza una rilevante popolazione araba, su cui Gantz e il suo vice Askenazy invece frenano. Gli accordi di governo prevedono che Netanyahu possa far passare l’iniziativa anche senza l’accordo dei Bianco-Azzurri, e la maggioranza ci sarebbe, ma gli Usa vorrebbero un consenso più ampio e Netanyahu ha minacciato di andare alle elezioni. Un altro tema, legato a questo, è legato al bilancio dello stato, che Gantz vorrebbe biennale, per prevenire le elezioni, e Netanyahu annuale, per tenersi le mani libere e soprattutto perché non ha senso impostare un budget lungo quando non si conoscono le conseguenze economiche dell’epidemia. La turbolenza politica insomma è ripresa in Israele e non cesserà tanto presto, perché l’accordo di governo era più una scelta tattica che un programma comune.

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