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    Rosh Hashanah: il suono dello Shofar e la Cabbalà

    Tutti gli ebrei del mondo festeggiano uno dei momenti più speciali dell’anno: Rosh Hashanah, ovvero il Capodanno ebraico. Un momento spiritualmente importante, di bilancio, in cui si guarda indietro all’anno che è trascorso e si guarda al futuro con speranza. Il suono dello Shofar (corno di montone usato in alcune funzioni religiose) è di fatto uno dei momenti religiosamente più significativi di questo evento. All’interno del Museo Ebraico di Roma, nella teca che spiega al pubblico il gruppo delle festività di Tishrei (settembre) è esposto un libro di Toqea, ovvero la “guida” su cui studia e si esercita colui che possiede la responsabilità di suonare lo shofar. Questo manoscritto, originario di Ivrea e risalente al 1841-1842, possiede all’interno delle sue pagine ingiallite dal tempo riferimenti cabbalistici che lo rendono unico.

     

    Spiega a Shalom Rav David Sciunnach, Rabbino capo di Ancona, che “il manoscritto in questione, rappresenta un esempio singolare, in quanto si tratta di un libro ad uso esclusivo del Tokea, cioè colui che suona lo shofar. All’interno del libro, si ritrovano tra le pagine molti spunti legati alla Cabbalà Luriana, dunque attribuibile a Rabbi Itzkak Luria, vissuto nel 500 e noto per aver rivoluzionato la visione della mistica ebraica, portando alla luce il principio delle Cavanot, le intenzioni” 

    “L’idea- prosegue- è quella di coinvolgere oltre all’azione delle Mitzvot, ovvero i precetti, forze spirituali, invisibili ai nostri occhi, ma presenti nel mondo e nei mondi superiori. Nei libri come questo, ci sono cose che colpiscono particolarmente, come ad esempio i nomi dei patriarchi e quelli di D., che se corredati da una certa punteggiatura, ci dicono a quale livello di spiritualità stiamo ascendendo per “pulire” i canali dei peccati commessi- Secondo la Cabbalà ogni lettera corrisponde ad un canale, in grado di far ascendere la Shefà, dunque l’energia vitale, dal nostro mondo al mondo superiore. Se si analizza attentamente questo manoscritto, si nota che, le lettere delle prime parole evocano nomi sacri, non a caso alcune sono scritte in grassetto” conclude.

     

    La Mitzvà (precetto) dello Shofar è considerata molto particolare, diversa da tutte le altre Mitzvot come benedire il pane, lavare le mani, o affiggere la Mezuzà.

    Questa Mitzvà esplicita l’obbligo di ascoltare il suono, non di costruirlo, nulla di questo, dunque si configura come non palpabile, quasi passiva. Solo chi suona riveste un ruolo più “attivo”.

     

    “L’obbligo è di ascoltare il suono, e riguarda anche colui che suona, ed è da qui che parte una spiegazione mistica e cabbalistica che vede lo Shofar come uno strumento dotato di una forza che riecheggia nei mondi superiori, e permette che le Kellipot, i “gusci”, si spezzino e il suono giunga diretto da D.” prosegue Rav David Sciunnach

     

    Il precetto del suono dello Shofar assume dunque un’importanza particolare, permettendo di abbattere le barriere, dunque i gusci, creati a causa dei nostri peccati, formatosi dai tempi del peccato originale. “I gusci ostacolano il suono, perché trattengono le scintille di santità, dotate della potenza di salire verso il cielo, attraverso le mitzvot, i precetti. Rosh Hashanah, è il giorno del Din, ovvero del giudizio in cu il satan, lo spirito malvagio, porta davanti a D. tutte le azioni negative che abbiamo compiuto, mettendo dunque il singolo alla prova. Tutte le preghiere contenute nel libro in questione sono preghiere che il Tokea, colui che suona, recita affinché il suo suono sortisca un effetto potente nei mondi superiori, riuscendo a far suonare contestualmente anche lo Shofar del mondo celeste” aggiunge Rav Sciunnach.

     

    Le preghiere contenute all’interno di questo libro, che accompagnano i nomi delle varie suonate dello Shofar, coinvolgono gli angeli, scritti quasi mai all’interno di libri di questo genere, che a loro volta aiutano a suonare lo Shofar correttamente. “C’è un angelo preposto ad ogni triade di suoni che ha il compito di portare il suono fino al trono divino senza che la Kelippá, cioè il guscio, possa arrestarlo. Questi manoscritti possiedono queste caratteristiche, contengono tante preghiere mistiche e cabbalistiche, che generano in chi legge uno stato d’animo molto elevato.  I vari versi pronunciati, in queste preghiere, riescono a muovere delle forze sia in colui che suona, sia in colui che ascolta nei mondi superiori” prosegue.

     

    Sebbene In Italia non ci sia stato un vero e proprio polo di studio di Cabbalà, che in alcune comunità come Ferrara, e Livorno veniva studiata da piccole cerchie di persone, a Roma è rimasto questo retaggio della mistica ebraica, in cui durante talune pratiche religiose, si usa pronunciare i nomi degli angeli, o si usano preghiere con scritti nomi sacri, ma il rito italiano rimane quasi asciutto, senza misticismo.

     

    Lo Shofar, e chi lo suona, assume quindi un ruolo mistico e spiritualmente elevato, diventando quindi lo strumento attraverso cui riusciamo a superare le barriere spirituali, provando a liberarci dagli errori commessi, e cercando di innalzarci, per sentirci per quanto ci è possibile, vicini al mondo celeste di D.

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