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    SodaStream: la mini-bombola delle bollicine vale piu’ del petrolio

    La più ufficiale delle testate arabe on-line in lingua
    inglese, con un sito che fa capo alla casa reale di Riyadh, apre oggi (20
    agosto 2018) in gran rilievo la sezione business pubblicando una foto a tutto titolo
    di un conosciutissimo apparato che spara all’istante milioni di bollicine nel
    vostro litro di acqua del rubinetto. Se romano, peraltro già dotato della
    migliore acqua naturale del pianeta. Il redattore saudita intitola il pezzo con
    una spiegazione inequivocabile e decisamente impressionante: “PepsiCo acquista
    SodaStream per 3 miliardi e 200 milioni di dollari”, naturalmente cash. Ci
    sembra di scorgere un filo di stupore e perplessità. L’informazione israeliana
    conferma punto per punto. Il mondo arabo-islamico certo si pone delle domande.
    La campagna di delegittimazione di Israele dopo la vicenda di Gerusalemme
    capitale unificata e dopo il sostanziale fallimento delle tempeste di fuoco lanciate
    da Hamas con gli aquiloni incendiari, non compromette le fenomenali capacità
    economiche di un paese più piccolo della nostra Sicilia. I produttori di
    petrolio cominciano a comprendere che un mondo assetato e surriscaldato di
    sicuro non potrà bere idrocarburi, e anche gli israeliani possono constatare
    che le mini-bombole producono per ora utili maggiori dei futuri gasdotti del
    giacimento Leviathan. L’acquisto sarà perfezionato entro gennaio 2019. Non
    temiamo certo di essere accusati di pubblicità redazionale. Le compagnie in
    questione certo non hanno bisogno di spingere sulla propria visibilità: Pepsi
    ha generato utili per 63 miliardi USD nel 2017, mentre l’israeliana SodaStream
    produce ogni mese 500.000 apparati che vengono immediatamente venduti in 46
    paesi. Soltanto 46 in tutto il mondo? Domanda ineludibile per lettori ingenui.
    Certo, poiché anche gli imprenditori delle bollicine made in Israel hanno
    dovuto affrontare una delle più ottuse campagne BDS. La riepiloghiamo per
    comodità di chi segue il nostro magazine. Nel mese di ottobre 2014 la compagnia
    annunciava di dover chiudere gli impianti di Maale Adumim, nei territori
    amministrati. La campagna internazionale di boicottaggio avviata dal movimento
    BDS rendeva infatti politicamente ed economicamente non gestibile la
    produzione. Circa 500 lavoratori palestinesi perdono il proprio impiego. Ne
    resterebbero 74 dopo il trasferimento degli impianti a Idan ha-Negev, ma il
    governo non si mostra elastico su problema della concessione dei permessi di
    lavoro in territorio israeliano. La società oggi dà lavoro a più di 1.400
    persone. Per un terzo si tratta di beduini che risiedono nei dintorni della
    città di Rahat, poco distante da Beersheva e da Arad.

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