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    Due israeliani arrestati per spionaggio a Istanbul: l’accusa non è credibile, ma il rischio è grave.

    Israele sta vivendo un nuovo dramma degli ostaggi. Un nuovo problema con la Turchia si aggiunge ai due civili da anni sequestrati da Hamas, per la cui liberazione il movimento terrorista chiede la scarcerazione di migliaia di condannati per delitti di sangue e al dramma di alcune migliaia di ebrei in Iran, la cui condizione di ostaggi è ormai chiarissima. Ecco i fatti. Venerdì scorso una coppia di israeliani in vacanza a Istanbul, Natali e Mordy Oknin di Modin, entrambi guidatori di pullman, sono stati arrestati da poliziotti turchi per aver fotografato il palazzo di rappresentanza di Erdogan sul Bosforo. In realtà la residenza ufficiale e di lavoro del presidente turco è un sontuosissimo palazzo nuovo ad Ankara e Erdogan non viene praticamente mai a Istanbul, città che appoggia l’opposizione. Il palazzo di Dolmabahçe è oggi un edificio turistico, un museo: è stato  il primo palazzo in stile europeo di Istanbul, costruito dal sultano Abdul Mejid I tra il 1843 e il 1856. Si trovano molto facilmente sue immagini in rete e gli è dedicata addirittura una voce di wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_di_Dolmabah%C3%A7e).

     

    Non è ben chiaro che cosa è esattamente accaduto. La ricostruzione più estesa si deve alla BBC (https://www.bbc.com/news/world-middle-east-59289345), secondo cui “l’agenzia di stampa statale turca Anadolu ha riferito venerdì che una coppia israeliana e un cittadino turco sono stati arrestati dopo che il personale del ristorante della torre televisiva e radiofonica Camlica, alta 369 metri, ha detto alla polizia che stavano scattando foto della residenza del presidente Erdogan. I coniugi Oknin sono stati interrogati dai pubblici ministeri prima di essere deferiti a un tribunale, dove un giudice li ha accusati di ‘spionaggio politico e militare’ e ha prolungato la loro detenzione per almeno 20 giorni. Un avvocato israeliano della coppia, Nir Yaslovitzh, ha respinto le accuse, dicendo […] che ‘il loro unico reato consiste nel fotografare il palazzo di Erdogan […]. Ha identificato l’edificio come il Palazzo Dolmabahce sul lungomare. Esso non è utilizzato come residenza presidenziale da decenni. […] L’attuale residenza, l’Huber Mansion, si trova in un’altra parte della città.”

     

    Insomma, come riportato dai giornali israeliani, “è chiaro che questa è stata una decisione politica, piuttosto che legale.” Israele si è affrettato a scagionare i due: sia Bennett che Herzog hanno dichiarato che non hanno nessun rapporto con organi di sicurezza dello stato ebraico. Ma la Turchia insiste: martedì il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu ha accusato di nuovo la coppia israeliana di “spionaggio politico e militare”. Israele ha tentato di non dare rilievo ufficiale alla vicenda e di trattare dietro le quinte, per evitare che si crei una questione di principio, ma questa tattica non sembra funzionare. Si attenuano insomma le speranze di risolvere la situazione in fretta anche se l’accusa è chiaramente insensata: che spia fotograferebbe un palazzo dalle finestre di un ristorante in cima a una torre alta 300 metri? Ormai è chiaro che l’arresto è pretestuoso e corrisponde a un tentativo del governo turco di mettere sotto pressione Israele, secondo tattiche che in Medio Oriente sono diffuse. Per esempio l’Iran ha agito in maniera analoga con la Francia e anche con gli Usa.

     

    Nei confronti di Israele Erdogan pratica una politica di ambiguità: gli ha proposto più volte grandi alleanze nel Mediterraneo, ma intanto ospita ostentatamente i capi di Hamas, ha promosso un paio di edizioni della flottiglia per Gaza, fra cui quella finita malissimo con la Mavi Marmora,  si sforza di esercitare un’influenza crescente nella parte araba di Gerusalemme alimentando il conflitto, di recente ha denunciato con grande clamore di aver arrestato una dozzina di studenti dell’Autorità Palestinese come spie del Mossad.

     

    È probabile che agli Oknin toccherà pagare queste tensioni. La Turchia perderà quel tanto di turismo israeliano, una volta importantissimo economicamente, che stava ripartendo e probabilmente ne soffriranno anche le sue linee aeree, molto utilizzate in passato dagli israeliani. Ma la politica di Erdogan di contrastare tutti i suoi vicini che non si piegano ai suoi piani di dominio neo-ottomano, è indifferente anche all’economia. Per non parlare della verità giudiziaria e dei diritti umani.

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