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    La mostra su Alberto Giacometti inaugura la riapertura dell’Eyal Ofer Pavilion di Tel Aviv

    Ha l’ambizione di diventare uno “tra gli spazi espositivi più sorprendenti in Israele”. Ed esordisce con la prima retrospettiva del lavoro di Alberto Giacometti (1901–1966) in Israele. Con 130 opere, tra sculture in gesso e in bronzo, dipinti, disegni e stampe, la mostra “Alberto Giacometti: Beginning, Again”, curata da Hugo Daniel e Ronili Lustig Steinmetz, si inaugura l’Eyal Ofer Pavilion dopo un’importante ristrutturazione. Un nuovo inizio, quindi, per il bellissimo spazio modernista, progettato dall’architetto vincitore dell’“Israel Prize” Yaakov Rechter. Il padiglione era stato inaugurato nel 1959 come Helena Rubinstein Pavilion for Contemporary Art. A renderlo nuovamente agibile e, soprattutto, all’avanguardia – grazie a interventi sulle infrastrutture, dall’illuminazione alla climatizzazione, per un valore di 5 milioni di dollari donati dalla Eyal and Marilyn Ofer Family Foundation – è stato l’architetto Amnon Rechter, figlio del progettista dell’originale.

    Torna alla vita, lo spazio espositivo alle spalle del Teatro HaBima sull’omonima piazza di Tel Aviv, con un omaggio a uno degli artisti più famosi e influenti del XX secolo. Tra opere provenienti dal patrimonio della Fondazione Giacometti e pezzi della collezione del Tel Aviv Museum of Art (TAMA) e dell’Israel Museum di Gerusalemme, la mostra copre i quattro decenni della carriera di Giacometti, dai primi anni ’20 fino alla morte dell’artista, nel 1966. Non solo il corpo dei lavori più noti, figure universali scolpite dopo la seconda guerra mondiale e icone di quel tempo, frutto dell’indagine interiore e dell’orrore che lo ha caratterizzato. Ma anche una selezione del periodo in cui si unì ai surrealisti a Parigi ed esplorò la scultura attraverso obiettivi diversi. Oltre a fotografie e un film, a documentare il suo studio a Parigi.

    Entrambi i curatori – Hugo Daniel della Fondazione Giacometti e Ronili Lustig Steinmetz  del TAMA – hanno sottolineato l’importanza di questa mostra per le rispettive istituzioni. “Focalizzandoci sui temi principali del suo lavoro, di solito associamo Giacometti alla figura umana”, ha detto Hugo Daniel ai media. “Quello era davvero uno dei suoi obiettivi. Tuttavia, per comprendere meglio questo focus, bisogna osservare quale strada ha percorso per arrivare a quelle figure e per capirne meglio le sfumature”. Ad esempio, racconta Daniel, Giacometti ha sempre avuto la sensazione di fallire. “Non era mai soddisfatto e ricominciava giorno dopo giorno”. Da qui il titolo scelto per la mostra, “Beginning Again”. Il curatore ha anche spiegato che Giacometti non vedeva la modernità come slegata dal passato. Quando arrivò a Parigi nel 1922, l’artista svizzero si recava quasi ogni giorno al Louvre per ammirare le opere antiche di altre civiltà. “Lavorava sull’umanità in una scala che abbraccia i tempi babilonese ed egiziano fino al presente. La sua modernità è radicata nell’assorbimento delle antiche forme dell’arte”. La curatrice Ronili Lustig Steinmetz ha invece sottolineato che Giacometti era solito lavorare contemporaneamente con più media. “Per lui era importante essere considerato un artista, non solo uno scultore”. 

    Pur essendo in contatto con i maggiori pensatori e artisti del suo tempo, secondo Daniel era anche solo in molti modi. “Perché Giacometti si è concentrato sulla figura umana in un momento in cui i dipinti astratti erano di tendenza”, ha spiegato. Nelle sue scelte artistiche, andava avanti da solo. Anche grazie a questo atteggiamento, il suo percorso è unico, a testimonianza della forza della sua visione.

    Mostra: Alberto Giacometti: Ricominciare, di nuovo

    Curatori: Hugo Daniel, Ronili Lustig Steinmetz

    Date: fino al 7 ottobre 2023


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