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SPECIALE PESACH 5784

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    Commento alla Torà. Parashà di Balàk: Bil’am e le tre qualità morali negative: invidia, ingordigia e superbia

    Balàk, re di Moav, vedendo la moltitudine degli israeliti accampati al confine e rendendosi conto di non poter combattere con successo contro di loro, decise di usare armi non convenzionali, ingaggiando Bil’am, famoso per la reputazione di successo che si era fatto nel maledire i nemici di chi lo pagava. Nonostante le insistenze del re Balàk, Bil’am in prima istanza rifiutò di accettare l’offerta di Balàk che gli aveva promesso ricchezze e onori dicendo: “Anche se Balàk mi desse la sua casa piena di argento e d’oro, non potrei trasgredire l’ordine dell’Eterno, il mio Dio, per fare cosa piccola o grande” (Bemidbàr, 22:18).

    Nel commentare questo versetto Rashì (Francia, 1040-1105) scrive: “[Bil’am con le sue parole] ci ha fatto sapere che era ingordo e desiderava le ricchezze di altri. [Bil’am] riteneva che fosse appropriato che [Balàk] gli desse tutto il suo oro e il suo argento invece di dover pagare un’armata di mercenari senza alcuna sicurezza di vincere; con lui invece il successo era cosa sicura”.  

    Il carattere di Bil’am viene descritto dai maestri nei Pirkè Avòt (Massime dei padri, 5:20): “Chi possiede tre qualità può dirsi discepolo di Abraham patriarca; chi invece ne possiede altre rientra nel numero dei discepoli di Bil’am l’empio. Quali sono? Le prime: benevolenza (‘ain tovà), modestia (ruach nemukhà), umiltà (nèfesh shefelà); le altre: invidia, ingordigia, superbia” (Ed. Carabba, Lanciano, 1931, trad. Yoseph Colombo).

    Nel commentare questamishnàR. ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) scrive: “‘Ain tovà” è quel tratto di carattere per cui una persona si occupa delle sue cose e non guarda gli altri con invidia come Avraham [che rifiutò di accettare anche una piccola parte del bottino di Sodoma dopo aver liberato i prigionieri]. “Ruach nemukhà” è quel tratto che fa sì che una persona non corra alla ricerca di onori come Avraham che si prostrò davanti ai Hittiti nonostante che lo avessero chiamato un principe di Dio. “Nèfesh shefelà” è quel tratto di carattere che fa sì che una persona sia moderata nei suoi desideri. Bil’am invece era avido e desiderava il denaro altrui, correva dietro agli onori e era sfrenato nei suoi desideri e questo è dimostrato dal fatto che fu lui a consigliare al re Balàk di fare prostituire le donne moabite con gli israeliti”.  

    R. Yitzchàk Berekhià da Fano (Ferrara, 1583-1680, Lugo) nel suo commento Chanòkh la-Na’ar si domanda per quale motivo vengono paragonate le caratteristiche di Bil’am a quelle di Avraham. Egli risponde citando R. Yitzchàk Abravanel (Lisbona, 1437-1508, Venezia) che afferma che Avraham fu il primo profeta d’Israele e Bil’am il primo profeta dei gentili.

    Nel sesto e ultimo capitolo dei Pirkè Avòt è scritto: “Disse R. Yosè figlio di Kismà: Una volta stavo camminando in viaggio e mi venne incontro un uomo; mi salutò ed io risposi al suo saluto; poi mi disse: Maestro, di dove sei? Gli risposi: Sono di una città grande di maestri e di scrittori. Mi disse allora: Saresti disposto, o Maestro, a venire a stare con noi nei nostri luoghi? Ti darei migliaia di monete d’oro e d’argento. Gli risposi: Se anche tu mi dessi tutto l’argento e l’oro che c’è nel mondo, io non accetterei di risiedere altro che in un luogo ove sia studio della Torà […]” (trad. Yoseph Colombo).  

    R. Lipa Geldwerth di Brooklyn in una sua recente lezione fece notare la apparente similarità delle risposte di Bil’am e di R. Yosè figlio di Kismà, che era un maestro della Mishnà. Per quale motivo Bil’am viene aspramente criticato mentre non viene detto nulla di male riguardo alla risposta di R. Yosè? R. Geldwerth spiegò che la differenza consiste nel fatto che R. Yosè rispose con un’esagerazione ed era quindi chiaro che non era interessato alle ricchezze. Bil’am invece rispose citando il tesoro del re Balàk che, come commentò Rashì, era una quantità reale.

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