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    Parashà di Vayèshev. Il coraggio di dire “Sono stato io”. Il racconto dell’episodio di Yehudà e Tamàr

    In questa parashà un intero capitolo (Bereshìt, 38:1-30) è dedicato all’episodio di Yehudà e Tamàr. La prima moglie di Yehudà partorì tre figli: ‘Er, Onàn e Shelà. Yehudà scelse Tamàr come moglie per ‘Er. ‘Er morì e Yehudà, seguendo l’usanza del levirato che prevedeva che un fratello o un parente del deceduto ne sposasse la vedova, disse a Onàn di prendere in sposa Tamàr. Ma anche Onàn morì e Yehudà, temendo che anche il figlio Shelà sarebbe morto se avesse sposato Tamàr, le disse di tornare a casa del padre ed aspettare che Shelà fosse cresciuto (ibid., 1-11).

    Passarono i giorni e Tamàr vedendo che Yehudà non l’aveva fatta maritare a Shelà nonostante che quest’ultimo fosse ormai adulto, decise di parlare con Yehudà. L’occasione arrivò quando Yehudà andava a Timnà per la cerimonia festosa della tosatura del gregge. Tamàr si tolse i vestiti di vedova e si appostò sulla via per Timnà per parlare con Yehudà (così commentano R. ‘Ovadià Sforno e R. Eli’ezer Ashkenazi). Yehudà, non la riconobbe, credette che fosse una prostituta e promise di mandarle un agnellino in pagamento. Come garanzia di pagamento Tamàr chiese a Yehudà il suo sigillo, i fili delle sue frange [il simbolo del suo clan – R. Eli’ezer Ashkenazi] e il suo bastone (ibid, 12-18). Tamàr rimase incinta e, sospettata di rapporti illeciti, poiché era destinata a sposare Shelà (così scrive il Nachmanide), fu condotta da Yehudà che decretò che le fosse marcata la fronte con il marchio delle prostitute con un ferro ardente (così scrive R. Yehudà He-Chassid) (ibid., 18-24).  

    R. ‘Ovadià Sforno nel suo commento afferma che Tamàr aveva “un coraggio da leone”. Non si scompose per nulla e mandò al suocero Yehudà il suo sigillo, le sue frange e il suo bastone, con il messaggio: “Riconosci a chi appartengono”. Yehudà li riconobbe e disse: “Ha ragione, è [stata messa incinta- Rashì] da me” (ibid., 25-26). Tamar partorì due gemelli Zèrach e Pèretz (ibid., 27-30).

    I maestri del Talmud si chiesero per quale motivo Tamàr non disse direttamente a Yehudà che era stata messa incinta da lui. Il motivo fu spiegato così: “R. Yochanàn citò r. Shim’on bar Yochài che disse: È meglio che una persona si butti in un forno acceso piuttosto che svergogni qualcuno in pubblico” (Berakhòt, 43b). E questo lo si impara proprio da Tamàr che non volle imbarazzare Yehudà.

    I maestri nel Talmud babilonese (Sotà, 10b), paragonando i due episodi della Torà nei quali è scritto “riconosci”, suggeriscono che quello che capitò a Yehudà fu la punizione precisamente misurata per aver presentato a suo padre Ya’akòv la tunica insanguinata del fratello Yosef. Dicendo al padre “Riconosci se questa è la tunica di tuo figlio” (Bereshìt, 37:32), Yehudà  gli fece credere che Yosef fosse stato sbranato da un animale feroce, e non venduto schiavo.

    R. Joseph Beer Soloveitchik in Mesoras Harav (Bereshìt, p. 290), osserva che Yehudà mostrò una gran coraggio nel confessare. Un tale atto pubblico di penitenza gli avrebbe potuto causare la perdita di rispetto dei suoi pari, mentre avrebbe potuto ignorare la richiesta di Tamàr e fare eseguire l’ordine che aveva dato. Nel Midràsh (Mekhiltà Beshallàkh) i maestri dicono che proprio perché Yehudà ammise la sua colpa in questo episodio, i re d’Israele da David in poi, discesero da lui. Infatti il libro di Ruth si conclude con queste parole: “Questa è la discendenza di Pèretz: Pèretz generò Chetzròn, Chetzròn generò Ram, Ram generò ‘Aminadàv, ‘Aminadàv generò Nachshòn, Nachshòn generò Salmà, Salmòn generò Bo’az, Bo’az generò ‘Ovèd, ‘Ovèd generò Yishài e Yishài generò David”.  

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