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    La procreazione nella visione ebraica

    In ogni casa ebraica non c’è niente di più prezioso dei propri figli. Per ogni uomo ebreo è una mitzva procreare almeno un figlio è una figlia in adempimento del primo comando dato ad Adamo: “essere fecondi e moltiplicarsi”. Per coloro che non sono in grado di avere figli, l’adozione è un altro modo per portare la gioia dei bambini nella propria casa. È uno dei più nobili atti di carità estendere la cura e l’amore ai bambini i cui genitori naturali non erano disposti o incapaci di adempiere ai loro obblighi parentali. Il Talmud dichiara: “Chi alleva il figlio di qualcun altro è considerato come se lo avesse effettivamente portato nel mondo fisicamente”.

     Medici e nutrizionisti sono molto severi sulla dieta delle donne in attesa, poiché tutto ciò a cui la madre è esposta colpisce l’embrione. “Anche il comportamento che mostra una donna incinta influenzerà il suo bambino non ancora nato. Pertanto, è importante che lei cerchi di rimanere calma e rilassata, e che ci sia pace in casa durante questo periodo”, ci racconta Rav Landau.

     In occasione di Yom Kippur che lentamente si avvicina, la maggior parte dei Rabbanim concordano sul fatto che una donna in stato interessante possa digiunare, purché non metta in pericolo il feto o se stessa. Tuttavia, le donne con gravidanze ad alto rischio e quelle con gravi condizioni mediche dovrebbero cercare una guida rabbinica in questa materia. Rabbi Dov Lev consiglia di bere o mangiare lo stretto necessario per alleviare il pericolo. Gli altri digiuni minori, invece, non dovrebbero essere osservati.

    In vista delle feste dove si usa andare al cimitero dai propri cari, è preferibile (ma non proibito) per una donna incinta astenersi dall’entrarci. Questo per evitare che il feto venga danneggiato da forze spirituali negative.

     Dalla letteratura cabalistica è chiaro che esista un momento predestinato per la nascita di un bambino. Pertanto, non si dovrebbe indurre il travaglio se non per necessità medica. Una donna in travaglio è considerata in pericolo. È quindi indispensabile portarla in ospedale il più presto possibile, anche se ciò significa violare lo Shabbat o altre leggi.

    “Secondo le leggi ebraiche è permesso a chiunque guidare la donna all’ospedale di Shabbat. Per quanto riguarda tutte queste attività, è ideale che vengano eseguite da un non ebreo, se disponibile. Ma se i suoi bisogni sono imminenti, non si dovrebbe perdere tempo a cercare un non ebreo. La regola principale è: in tutti i casi di potenziale pericolo imminente per la vita della madre o del feto, non si deve prendere in considerazione l’osservanza di Shabbat. Sebbene possiamo violare Shabbat per qualsiasi necessità della donna che sta partorendo, non possiamo profanare Shabbat per questioni estranee, come la compilazione di moduli ospedalieri che possono essere trattati dopo”, ci racconta Rabbi Dov Lev.

     Dopo il parto, una donna è ancora considerata in uno stato di pericolo. Di conseguenza, entro 72 ore dalla consegna, una donna non digiuna. Se Yom Kippur cade entro una settimana dalla nascita (ma dopo 72 ore), può consumare piccole quantità di cibo e bevande se ne sente il bisogno.

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