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    A Casale il ricordo indelebile di Emanuele Pacifici e dei bambini dell’Orfanotrofio Enrichetta Sacerdote

    Il Memoriale della Shoah della Comunità Ebraica di Casale Monferrato ospita la cerimonia in ricordo dei 63 ebrei uccisi nei campi di sterminio nazisti deportati da Casale e Moncalvo, dopo la lettura dei nomi delle vittime e con la loro età al momento della deportazione, sette rappresentanti delle autorità civili, religiose e militari sono chiamati ad accendere i 6+1 lumi della memoria in ricordo dei sei milioni di ebrei e del milione di uomini, donne e bambini uccisi durante la Shoah e non appartenenti al popolo ebraico. 

    E tornano alla mente le belle immagini e le profonde emozioni del docufilm “L’ora del tempo sognato” in cui regista e sceneggiatore Massimo Biglia, ricostruisce la vita di Gioconda Carmi e Giuseppina Gusmano, accanto a loro quella di Emanuele Pacifici, Nina, Sergio, Pasqua e dei bambini sopiti dell’Orfanotrofio Enrichetta Sacerdote di Torino.  

    L’orfanotrofio per fanciulli poveri Enrichetta Sacerdote venne istituito nel 1890 allo scopo di accogliere gli orfani e di avviarli ad una professione.  Entrò in funzione nel 1915 grazie al ruolo estremamente importante nella beneficenza svolto allora all’interno della Comunità Ebraica di Torino, dalle donne ebree della Pia Società Femminile che si adoperava per alleviare il pauperismo germogliato all’interno del ghetto e non debellato negli anni successivi all’emancipazione del 1848.  Gli ospiti provenivano da Torino e da altre zone d’Italia e in seguito anche dall’estero. Sotto il fascismo accoglieva circa quaranta bambini e ne era direttrice la signorina Gioconda Carmi, che aveva fama di grande severità: i bambini avevano capelli rapati a zero e vestivano uniformi. Nel 1934 l’orfanotrofio ospitò alcuni bambini tedeschi sfuggiti all’avvento di Hitler e questa fu la prima occasione per molti di conoscere ciò che stava accadendo in Germania. Dopo il bombardamento della Sinagoga il 20 novembre 1942, la maggioranza dei bambini sfollò a Casale. Nel marzo del 1944 i pochi rimasti furono messi in fila per due e avviati verso la collina in modo che sembrasse una gita scolastica, furono così miracolosamente salvati dall’arresto e dalla deportazione. Scamparono tutti grazie anche ad un chiaro e ineguagliabile concetto: “pensate se fossero figli vostri!” ripeteva incessantemente Giuseppina Gusmano a chi cercava di sottrarsi alle sue accorate richieste di aiuto. In queste parole, in questo semplice immedesimarsi, c’è limpido il senso di Giusto tra le Nazioni di Yad Vashem conferito a Giuseppina Gusmano Pretti che è stata per quei bambini una famiglia, una mamma e la salvezza, così come fu la direttrice dell’Orfanotrofio Gioconda Carmi.

    “Quella che ho voluto narrare – dice Massimo Biglia – è una storia vera di passione, amore e responsabilità in cui mi sono ritrovato di fronte quegli stessi uomini, donne e bambini che con un silenzio assordante quotidianamente ci donano un insegnamento e ci impongono una chiara risposta alla domanda: “cosa avete fatto in tutto questo tempo?” e la risposta non può che essere: “non vi abbiamo dimenticato”.

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