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    Commento alla Torah. Beshallàkh: cosa avvenne al Mar Rosso?

    Usciti dall’Egitto gli israeliti si accamparono a Pi Hachiròt, una località  a una certa distanza dal Mar Rosso. Fu lì che il faraone con la sua cavalleria e il resto dell’esercito li raggiunse.

    Moshè  tranquillizzò gli israeliti terrorizzati e, come commenta Avraham Ibn ‘Ezra (Tudela, 1089-1167, Calahorra), ricevette l’ordine dall’Eterno di procedere a poco a poco fino a raggiungere la riva del mare. Arrivati alla riva del mare Moshè ricevette l’ordine di alzare il suo bastone e di stendere il suo braccio affinché il mare si separasse e i figli d’Israele attraversassero all’asciutto. A seguito dell’azione di Moshè, l’Eterno mandò un forte vento dall’oriente che soffiò per tutta la notte e prosciugò il mare spaccandolo in due. Lo stesso Ibn ‘Ezra commenta che fu il vento che separò il mare in due parti.

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) commenta che l’Eterno fece sì che il miracolo assomigliasse a un fenomeno naturale in modo che gli egiziani seguissero gli israeliti e incontrassero lì la loro fine.

    R. ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) spiega che il mare si separò non appena Mosè stese il suo braccio e successivamente il vento prosciugò il letto del mare per permettere agli israeliti di proseguire.

    R. Chayìm Ibn ‘Attàr (Marocco,1696-1743, Gerusalemme) nel suo commento Or ha-Chayìm scrive che il vento congelò la parte bassa del mare e la parte superiore si spaccò in due in modo che gli israeliti non dovessero scendere fino al letto del mare e risalire faticosamente dall’altra parte. Dal suo commento appare che il popolo in fuga camminò su una superficie ghiacciata.  

    R. Naftalì Zevì Yehudà Berlin (Belarus, 1816-1893, Varsavia) nel suo commento Ha’amèk Davàr (Shemòt, 14:22) commenta che “l’acqua fu come un muro alla destra e alla sinistra del popolo” per far sì che gli egiziani non li attaccassero da un lato se il mare si fosse prosciugato dalla parte della riva. “Gli egiziani inseguirono [il popolo d’Israele] e arrivarono nel mezzo del mare tutti i cavalli, i carri e la cavalleria del faraone” (14:23). R. Berlin commenta che tutti gli egiziani inseguirono ma solo tutta la cavalleria e i carri entrarono nel mare, mentre una parte degli ausiliari non ebbe tempo di entrare nel mare. Così “Allo spuntare dell’alba l’Eterno colpì l’esercito egiziano con  una colonna di fuoco e di nube fece andare nel panico l’esercito egiziano” (Ibid., 14:24).

    R. Shemuel ben Meir (Francia, 1085-1174), nipote di Rashì, detto Rashbam dalle sue iniziali, commenta che gli egiziani furono colpiti da fulmini, pioggia e grandine. Tutto questo fece sì che “le ruote dei carri si staccarono e dovettero procedere con difficoltà“ (ibid., 25).

    R. Berlin spiega che gli ausiliari egiziani che avevano seguito nel mare la cavalleria, rendendosi conto che quello che sta avvenendo era un evento sovrumano, diedero ordine di retrocedere. Era però troppo tardi perché a questo punto “L’Eterno diede ordine a Moshè di stendere il suo braccio in modo che il mare tornasse come era prima e si riversasse sui cavalli e i carri degli egiziani (ibid., 26). Così alla mattina il mare ritornò nel suo letto inondando tutti gli egiziani che erano scesi nel passaggio che si era aperto ai figli d’Israele.

    R. Berlin nel suo commento Ha’amèk Davàr (Shemòt, 14:4) cita R. Shelomò ben Aderet detto Rashbà dalle sue iniziali (Barcellona, 1235-1310 ) che afferma (nel commento a Yevamòt, 76b) che affogarono nel mare  le truppe del faraone ma non tutto il resto degli ausiliari che lo seguivano perché parte di loro non aveva fatto a tempo a scendere nel mare.

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