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    I quattro figli di Sanremo

    Per fortuna il Festival di Sanremo all’Italia cade nel mese di febbraio, quando non ci sono momenti di digiuno, divieti dell’Omer ed altri usi che impediscano di ascoltare musica!

     

    Di quattro categorie di spettatori del Festival possiamo parlare: il saggio addicted, il malvagio snob, il semplice popolare e colui che non sa ascoltare musica né criticare lo spettacolo.

     

    Cosa dice, twitta, posta ed afferma il saggio addicted? “Che cosa significano queste canzoni, questi fiori, queste giacche sbrilluccicanti, questi direttori d’orchestra freaks, questi siparietti non sempre comici che vediamo nel teatro Ariston dal 1953 e che prima nel 1951 vedevamo nella sala del Casinò di Sanremo?” Al saggio gli insegnerai che Sanremo è un evento di costume e cultura, di musica e società, di impegno e leggerezza e  che non si critica Sanremo se non dopo averne compreso l’esistenza fino all’ultima serata ed alla proclamazione del vincitore, evitando di mangiare e bere fino a dopo le serate del Dopofestival.

     

    Cosa dice, twitta, posta ed afferma il malvagio snob? “Io Sanremo non lo guardo e non capisco come facciate e guardarlo voi. Preferisco di gran lunga un buon libro o dei bei film.” Dice: “Voi” E poiché si esclude dalla manifestazione rinnega, rifiuta e non comprende la portata dell’evento. Per questo motivo rispondigli duramente dicendogli: “A causa di ciò Sanremo esiste per me e non per te. Perché se in questo momento Pippo Baudo fosse qui non presenterebbe il Festival per te e Nilla Pizzi non ti ringrazierebbe per i fiori.” Il malvagio snob rifiutando Sanremo rifiuta l’intera storia della nazione Italia dal dopoguerra ad oggi e non comprende che il Festival è lo specchio floreale e musicale della realtà politica, economica sociale del paese. Il malvagio snob non capisce, ad esempio, che la canzone “Vola Colomba”  composta da Bixio Cherubini e da Carlo Concina, vincitrice  del Festival di Sanremo 1952 nell’interpretazione di Nilla Pizzi era un brano che esprimeva una critica politica e nazionale alla questione del ritorno di Trieste all’Italia, con numerosi riferimenti alla città, con frasi come “inginocchiato a San Giusto”, “lasciavamo il cantiere” e “il mio vecio”, tutti codici di protesta per una città che non era italiana politicamente e doveva assolutamente tornare al suo patrio suolo. Il malvagio snob che preferisce un libro non intende il valore rivoluzionario in termini musicali e sociali della edizione del 1968, la prima presentata da Pippo Baudo, dopo la tragica edizione del 1967 durante la quale commise suicidio Luigi Tenco, una edizione che fu presentata da Mike Bongiorno, che nemmeno nominò il nome di Tenco quando annunciò velocemente il tragico evento e che Serena Facci e Paolo Soddu, nel saggio Il festival di Sanremo del 2011 così descrivono: “un convulso lungo periodo dopo il quale l’Italia non fu più la stessa e, conseguentemente, neppure la trama che il Festival ne forniva“.

     

    Il semplice popolare cosa chiede su Facebook?  “A che ora comincia il Festival?” A lui va spiegato che il Festival non comincia ad un’ora specifica, bensì comincia con il telegiornale che lo annuncia, con il giornale che lo pubblicizza, con la commissione che mesi prima seleziona le canzoni e con i sarti che cuciono, ormai quasi accecati, i brillantini sulle giacche di Amadeus.

     

    A quello che non sa ascoltare musica né criticare lo spettacolo devi dedicare tempo, giorni, post su Facebook per educarlo come fa Maria de Filippi con i suoi Amici e gli dirai: “A causa del Festival siamo riusciti ad insegnare l’italiano ad un popolo, quello italiano, che non lo conosceva e che ancora nel 2001, degli italiani sopra i sei anni quasi sei milioni erano privi di titolo di studio o analfabeti, cioè l’11%. Con il Festival di Sanremo siamo riusciti a creare una comune atmosfera identitaria culturale e siamo riusciti ad andare in via Gluck senza avere l’età con il treno delle 7,30 verso una terra promessa con fiumi di parole ed amici come prima.” Si potrebbe credere che tutto questo accada in un solo mese o nella sola settimana del Festival, ma non è così. Al Festival ci si prepara coscientemente, consapevoli del fatto che la cultura e la storia di una intera società passa per eventi collettivi, popolari, mediatici. Conoscere un paese e la sua storia, identificarsi con esso significa saper leggere, come abbiamo visto, anche le parole di una singola canzone del lontano 1952 o i numeri degli ascolti, cioè di tutti coloro che sono coinvolti dall’evento Festival. Nella edizione del 1987, la prima registrata secondo i dati Auditel, il Festival fu seguito mediamente da 15.950.000 spettatori, nella sua edizione peggiore del 2008 da 6.810.000 e lo scorso anno, nella edizione pandemica senza spettatori in teatro, il Festival ha avuto uno share medio di 46,24% con una media di 8.466.000 spettatori. L’anno prossimo all’Ariston ricostruito e rinnovato.

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